IL BRAVO NORMALIZZATORE HA CONQUISTATO CAGLIARI
Ha portato la squadra al quarto posto. I segreti? Uno staff solido, un buon dialogo con i calciatori e l’ottima gestione di Nainggolan
C’è lo special one, José Mourinho, e il normal one, Jurgen Klopp, ci sono i giochisti, da Arrigo Sacchi a Gian Piero Gasperini, e i risultatisti, da Fabio Capello a Massimiliano Allegri. In questo senso la figura di Rolando Maran, il tecnico trentino che, dopo 11 giornate ha portato il Cagliari al 4° posto, in condominio con Lazio e Atalanta si inquadra nel ruolo di normalizzatore. Ma il normalizzatore Maran è a metà tra giochista e risultatista. Perché le squadre di A che ha allenato, dal Catania dei 56 punti del 2013, al Chievo del nono posto del 2016, hanno espresso sempre un bel calcio, fatto di difesa attenta, pressing alto, raddoppi e gran fraseggio nello stretto, mezzali mobili, attaccanti dinamici e inserimenti di tutti. Questo ha prodotto risultati apprezzabili, messo paura alle big arrivando a ridosso dell’ambita Europa. Il Cagliari di Maran, costruito in estate dal duo Giulini-Carli per essere ambizioso e puntare più in alto, ora gioca che è un piacere e ottiene i punti.
Risultati
Domenica, festeggiando la panchina numero 250 in A, Rolando Maran ha raggiunto Marco Giampaolo nei risultati utili di fila in trasferta, 5, solo che il tecnico di Trento ha vinto tre volte (Parma, Napoli e Atalanta) e pareggiato due (Roma e Torino). L’allenatore di Giulianova, nel torneo 2006-2007, aveva pareggiato 5 volte. Ma Maran, che domenica affronta alla Sardegna Arena (ore 12.30 con un prevedibile tutto esaurito) la Fiorentina, deve raggiungere lo stesso Giampaolo su un altro punto: i 10 risultati utili di fila di quel campionato. Ne ha la possibilità. Perché la sua squadra viaggia a mille, decisa a costringere il presidente a puntare su altri premi doppi. «E la Sardegna che ci sta spingendo a fare qualcosa di straordinario», ha detto domenica Maran, entusiasta dopo la lezione data al «nemico» Gasperini. «Una terra, un popolo, una squadra», è lo slogan del Cagliari di Giulini che vuole coinvolgere un’isola e sta facendo appassionare una tifoseria che domenica sera è accorsa numerosa (400) all’aeroporto per abbracciare i supereroi rossoblù. L’Europa è il sogno, ovvio. «Ma il tormento quotidiano è uno solo: crescere. Stiamo crescendo», ripete Maran col sostegno del ds Marcello Carli che la sua regola l’ha già stabilita: «La cosa più importante è fare un grande allenamento».
Impronta
Maran in questo ha dato un’impronta precisa alla squadra con la quale parla parecchio partendo dalla stella più difficile da maneggiare: Radja Nainggolan che alle regole non ci è proprio abituato. Radja è entrato in uno spogliatoio che non ha il suo stile di vita, ma piano piano lo ha conquistato. Altrimenti, in assenza dell’infortunato capitano Luca Ceppitelli, non porterebbe come fa da due partite, la fascia di capitano al braccio. Rolly (per gli amici) lo ha messo davvero al centro del progetto, consapevole di avere un calciatore di categoria superiore. Bocciato l’esperimento da regista, lo ha posizionato da trequartista, ma ora gli ha affiancato in linea Joao Pedro brasiliano di gran classe che aveva una lacuna, mancava di continuità. L’ha trovata e non ha sbagliato una gara (5 gol).
Senza Pavoletti, l’ariete che con Nandez e i suoi cross avrebbe fatto tanti gol, ha ridisegnato il Cagliari giocando più palla a terra sfruttando il moto perpetuo del Cholito Simeone che, comunque tre gol li ha fatti. Col centrocampo stellare ha agito da psicologo, dosando e rendendo tutti protagonisti: dal più forte Nandez, al più utile, Rog, agli essenziali Castro e Ionita. E in regia ha pure trovato l’alternativa al professor Cigarini: l’uruguaiano Oliva (preso a gennaio per 4 milioni in Uruguay dal Nacional) col quale ha usato il metodo Guidolin: sei mesi a imparare senza giocare mai e ora titolare all’occorrenza. La difesa regge, grazie al lavoro degli altri reparti e alla solità e all’applicazione di Ceppitelli, Klavan e Pisacane e quando la palla passa ci sono le manone dello svedese Olsen, per ora bravo sostituto di Cragno. Maran gode, in una città che comincia ad amarlo. Ha avviato questo lavoro nell’estate del 2018. Con uno staff fidato col vice Maraner (13 anni insieme) in testa e il figlio Luca che lavora col drone. Nove persone molto unite. Tutte low profile, non particolarmente mediatiche, ma molto alla mano appena le si conosce. Girano per trattorie e ristoranti calandosi nella realtà di un popolo che, se conquista la fiducia, ti dà. Maran e sua moglie Beatrice si sentono amati. E domenica a Bergamo, quando il tecnico è entrato in un bar i tifosi cagliaritani, gli hanno intonato il coro «Pagaci da bere». Lui non si è tirato indietro. Questo è amore.
Radja
È al centro del progetto e se manca Ceppitelli fa lui il capitano
Lo stile Sobrio, pacato, tanto lavoro e ben integrato con la città