Thuram agli studenti: «Il razzismo non va accettato»
L’ex difensore in un Istituto Tecnico di Parma: «Devono essere i giocatori bianchi a dire basta. Stop al silenzio»
Il punto di partenza è una frase: razzisti non si nasce, si diventa. E allora, per evitare che il virus si propaghi, è necessario educare, spiegare, trasmettere conoscenze ed esperienze. Come fa Lilian Thuram che, dopo aver abbandonato i campi di calcio, si dedica alla lotta al razzismo e lo fa come ambasciatore dell’Unicef. Ieri mattina era a Parma,
la sua seconda città, per parlare agli studenti dell’Istituto Tecnico Ipsia «Primo Levi», nell’ambito di un progetto che intende promuovere l’integrazione tra diverse culture ed è sostenuto dall’Associazione Le Réseau e dalla Fondazione Pizzarotti.
Il male
Poiché il razzismo è un male della società contemporanea, forse il peggiore, e negli stadi vi sono sempre più spesso manifestazioni d’intolleranza, Thuram mette subito in chiaro il suo pensiero. «L’importante è che ci siano persone di buona volontà, ognuno di noi deve capire che bisogna denunciare la problematica del razzismo. Molti guardano e nessuno dice niente. Quando sei in uno stadio, c’è sempre una minoranza che fa qualcosa di sbagliato e tocca a noi denunciare. Non è normale quello che è successo a Balotelli, neanche quello che è successo a un bambino di colore di dieci anni (insultato da una madre sugli spalti, ndr). Non si possono accettare cose del genere. Bisogna spiegare a chi sta zitto che sta aiutando qualcuno a fare qualcosa di sbagliato». Il pericolo, Thuram lo sottolinea, è quello della complicità: stare zitti di fronte a una vergogna, perché così si evitano altri guai. «In Italia si utilizza ancora il termine multirazziale, ma non è corretto. E’ difficile dire se l’Italia è razzista o meno. L’importante è discutere di queste cose, iniziare a parlarne. Non si nasce razzisti, ma si diventa. In Italia ci sono politici che fomentano l’odio».
Basta
Thuram prosegue nel suo grido, che dovrebbe essere il grido di tutti. «Bisogna dire basta. È molto facile, non riesco a capire perché non si facciano passi in avanti. Devono essere i giocatori bianchi a dire basta. Tante volte c’è il silenzio e questo silenzio vuol dire tanto. Ci sono allenatori che dicono che non hanno sentito niente, tante volte la gente dice che non è razzista, ma cosa si fa contro il razzismo nel concreto? È pericoloso questo tipo di comportamento. Bisogna denunciare. Sono favorevole alla sospensione della partita. Ma diciamo la verità: c’è gente che pensa al business, e questo pare più importante che combattere il razzismo».