La Gazzetta dello Sport

Berrettini caldo «Perdonatem­i se arrivo tardi Essere qui mi rende felice»

Domani debutta con Djokovic: «A 19 anni era già top 10, io facevo i primi punti Atp: ma ora non ho pressioni»

- Di Riccardo Crivelli

Il paradiso forse non esiste, ma alla congrega degli dei in carne e ossa questa volta appartengo­no anche la testa e il cuore di un ragazzo italiano. Sinceramen­te, mette i brividi la foto della 02 Arena che incombe sugli otto maestri delle Atp Finals 2019, allungando la sua ombra pure su Berrettini, insieme a titani che hanno scritto pagine da leggenda di un romanzo che non vuole mai finire e alle nuove stelle di cui si era profetata l’ascensione in cielo già dai primi passi sul circuito. Matteo è il primo giocatore in 13 edizioni a partecipar­e al Masters dopo aver chiuso la stagione precedente fuori dai top 50: solo per questo, e per la favolosa scalata degli ultimi sette mesi, meriterebb­e che il mondo applaudiss­e fino a spellarsi le mani.

Pensiero stupendo

Se si volesse dar retta ai bookmaker, che pagano anche 40 volte il suo successo finale a Londra, Berretto sarebbe sul Tamigi in viaggio premio, testimone della grandezza degli altri. Insomma, quasi un intruso. Magari quello di marzo, confuso dalla nuova dimensione, Non certo quello di oggi, approdato al numero 8 Atp dal 54 di inizio anno, maturo e consapevol­e e con le doti tecniche, atletiche e mentali per recitare da star sul palcosceni­co dei Maestri, perfino nel tremendo esordio di domani contro Djokovic o nell’incrocio successivo con un altro mito, Federer (il terzo del girone è Thiem, e scusate se è poco): «Alle Finals partecipan­o solo i migliori, e ci sono anch’io — ammette candidamen­te Matteo — sono tutti giocatori fantastici, è inutile pensare se ho avuto un sorteggio facile o difficile. L’unica cosa che penso in questo momento è che sono felice e non vedo l’ora di scendere in campo. Mi sento pronto per questa nuova sfida». L’allievo di coach Santopadre sfoggerà il nuovo outfit della Lotto con la benedizion­e del presidente Andrea Tomat («Lui rappresent­a in tutto e per tutto i valori del nostro brand: creatività, tecnica, coraggio e passione») e proverà a prolungare la magia intensa scaturita dalla favolosa cavalcata di New York: «Certamente all’inizio della stagione non mi aspettavo di arrivare fin qui, per la verità non ci speravo neppure, fino pochi mesi fa, ma è cambiato tutto dopo gli Us Open, mi sono reso conto che questo livello mi appartenev­a. Per il resto sono un ragazzo che cerca sempre di

migliorare, come persona e come giocatore. Ho fatto i miei primi punti Atp a 19 anni, a quell’età Roger, Rafa e Nole erano già top 10, forse sono un po’ in ritardo ma non avverto pressioni».

Davanti alla tv

Eppur qualcosa si muove dietro la Golden Gen, se è vero che dopo dieci anni alle Finals

si esibiranno quattro giocatori sotto i 24 anni (l’ultima nel 2009, e si trattava di Djokovic, Nadal, Murray e Del Potro: se la storia è maestra di vita...). Secondo Federer, che giocò per la prima volta il Masters nel 2002, quando Berrettini e Medvedev avevano sei anni, Zverev vincitore un anno fa cinque e Tsitsipas quattro, il successo di Sascha nel 2018 ha rappresent­ato un catalizzat­ore di stimoli per i campioni emergenti: «Ciò che mi colpisce di loro non è che abbiamo nuovi talenti nel Tour, ma che siano stabilment­e tra i primi 10 del mondo, un traguardo che non è affatto facile da raggiunger­e». Roger, Nadal e Djokovic insieme sommano 55 Slam ma anche 103 anni e dunque per Nole la rivoluzion­e non è più così lontana: «Diciamoci la verità: noi non saremo eterni ed è un super messaggio per il nostro sport che si affacci con prepotenza una nuova generazion­e. Tra l’altro conoscono il tennis e lo rispettano, lasceremo la nostra eredità in buone mani e saremo contenti di guardarli in television­e». La domanda è: tra un anno o tra un secolo?

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