Il Muro, Berlino, lo sport e l’oro sporco della Ddr
Quando la sera del 9 novembre 1989 i Vopos - i temuti agenti della Polizia del popolo della Germania Est, che per quasi 30 anni avevano impedito di attraversare la frontiera sorpresi dalla massa di giovani che voleva andare a Berlino Ovest, crolla (anche) un sistema sportivo e ne nasce un altro. I giovani berlinesi prendono a picconate il muro che sarebbe stato venduto (a pezzi) per anni e allo stesso tempo si sgretola un sistema che non riguarda solo la Germania ma un continente, l’Oltre Cortina (di Ferro) come si diceva allora. Cambiano i medaglieri e le sigle. Da Urss a Csi (per i Giochi di Barcellona ‘92, Comunità degli Stati Indipendenti), poi solo Russia. Si parcellizzano Stati. Quella parte d’Europa è bruciata da nazionalismi che riscoprono confini vecchi di decenni, precedenti alla Rivoluzione sovietica e i medaglieri olimpici scoprono Paesi sempre nuovi. Mentre i campioni che una volta andavano in campo con la maglia Cccp (l’acronimo in cirillico di Urss) scoprono il professionismo. L’Nba che si era aperta ai campioni dell’Est Europa da pochi anni (il primo era stato il bulgaro Georgi Glouchkov) dopo la caduta del Muro accoglie immediatamente campioni come Marciulonis (lituano, primo a lasciare l’Urss) e gli jugoslavi Petrovic e Divac. E mentre nell’Urss vengono messi in vendita più o meno lecitamente gli arsenali della Guerra Fredda, la lega professionistica dell’hockey ghiaccio va a fare spesa nel ex blocco dell’Est, russi in testa (un’infinità e di gran qualità, Ovechkin, Fetisov, Malkin, Mogilny, Zubov), ma anche cechi e slovacchi.
Perché fino a quel momento gli atleti dell’Est erano rigorosamente “dilettanti”, vincevano medaglie olimpiche che cambiavano la vita nei rispettivi Paesi, ma il vincolo era legato al non praticare lo sport come professione capitalistica. Cosa che dopo l’89 diventa la regola. Anche l’Italia va al mercato degli allenatori dell’Est (uno per tutti Ekkart Arbeit, guru dei lanci), mentre Ernesto Colnago, mecenate delle bici, va in Russia dove ha visto un ragazzo che ha vinto l’oro juniores. Al responsabile della squadra russa, Viktor Kapitanov (oro a Roma 1960) fa una proposta irrinunciabile: il campioncino in cambio di 16 biciclette. Il suo nome è Pavel Tonkov da Izhevsk, la città dove si producono kalashnikov, simbolo di mille rivoluzioni. Una manciata di anni (1996) dopo il ragazzo che amava Puskin trionfa al Giro d’Italia...