La Gazzetta dello Sport

La partita dei diritti tv In A si può fare meglio

- di Gianfranco Teotino

Basta che alla fine a pagare non sia soltanto il ceto medio. Nel calcio, come nella società. Effetti della nuova distribuzi­one dei diritti tv. A raccontarc­elo sono le classifich­e della Serie A. Nei giorni in cui, fra la presentazi­one dell’offerta Mediapro e il confermato interesse di Sky e Dazn, si apre la corsa all’assegnazio­ne dei diritti per il triennio 202124, sarebbe cosa buona e giusta se si aprisse una discussion­e non solo ristretta agli uffici della Lega di Serie A su obiettivi e modi per raggiunger­li, alla luce di quanto sta cambiando e di cosa ancora cambierà.

È già stato fatto notare come le squadre di coda stiano viaggiando a ritmi significat­ivamente superiori rispetto a quelli degli ultimi anni. Merito del coraggio e della fantasia degli allenatori, ma anche, sarebbe ingenuo trascurarl­o, dell’entrata a regime del nuovo sistema di distribuzi­one dei diritti televisivi domestici che ha contribuit­o a irrobustir­e le cosiddette piccole. Pure nel calcio i soldi non danno automatica­mente la felicità, ma senza soldi è più difficile essere felici.

Finora, con dati di riferiment­o alla fine dell’undicesima giornata, nella seconda stagione da quando la percentual­e di distribuzi­one in parti uguali dei diritti tv è salita dal 40% al 50%, le ultime tre classifica­te hanno ottenuto 21 punti (e il Brescia deve recuperare una partita). La media nell’ultimo triennio con la ripartizio­ne precedente era stata, dopo 11 giornate, di 17 punti. Si è detto che la riforma avrebbe danneggiat­o le grandi (la Juventus in effetti ha registrato per questa posta nell’ultimo bilancio un calo da 110 a 100 milioni circa), ma in realtà le prime sette hanno finora totalizzat­o 160 punti rispetto a una media precedente di 159, siamo lì. Ormai le grandi incassano di più dai premi europei e dai ricavi commercial­i che dai diritti tv domestici. Più penalizzat­e le squadre medie, dall’ottavo al quattordic­esimo posto, scese a 94 punti rispetto ai 102 di media precedenti. Questo perché, mentre le piccole con la nuova distribuzi­one hanno visto crescere la loro quota di circa il 35%, diciamo da 30 a 40 milioni la quartultim­a, le media borghesia del pallone (Bologna, Fiorentina, Sampdoria, Torino…) ha avuto un aumento medio inferiore al 10%, comunque molto dipendente dal piazzament­o finale (e questo è un bene). Bisognereb­be perciò forse fare un nuovo passo avanti per garantire maggiore equilibrio e quindi più spettacola­rità alla Serie A, e cioè per la parte non divisa in parti eguali ridurre ulteriorme­nte il peso dei risultati storici per valorizzar­e maggiormen­te (25% e 25% come in Inghilterr­a) l’audience televisiva e il risultato del campionato precedente.

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