ALTRA LEZIONE DI FEDERER MA BERRETTINI STA IMPARANDO
Matteo perde il primo set al tie break poi si arrende, ma Wimbledon è lontana: «Mi sono avvicinato, un giorno voglio riuscire a battere i big»
Saluta le Finals Domani, contro Thiem, il romano giocherà soltanto per la gloria
La belva ferita non perde l’anima e ruggisce quando il duello con il giovane leone si fa più minaccioso. No, questo non è il Centrale di Wimbledon, dove Berrettini si sciolse di fronte allo sguardo magnetico della leggenda Federer prima ancora di incrociarlo: stavolta Matteo combatte, non si piega inerme al mito abbacchiato e ammaccato, lo trascina nei meandri di una sfida brutta, sporca e in equilibrio, fino a un tie break che indirizza il primo set e la partita.
Nessun rimpianto
È in quei momenti di tensione, quando il clima si riscalda, che un Roger fin lì appena ordinario alza la voce, cominciando con un ace e mettendo sempre la prima, mentre l’avversario lo omaggia di un dritto lungo in manovra e un doppio fallo. Stille di classe del Divino, quanto basta per scrostarsi la ruggine di un finale di stagione al solito ansimante e prendersi subito il break nel game iniziale del secondo set, perché l’eroe azzurro ha avvertito il colpo. E quando finalmente Berretto si procura tre palle break nell’ottavo game, le prime e uniche del match nonché le chiavi per riaprire la contesa, Federer si affida di nuovo al servizio, anche se un paio di risposte di dritto non impossibili andavano gestite meglio da Matteo.
Ciao Londra
Il Maestro, che in carriera non ha mai perso il secondo match delle Finals, perciò sopravvive, e si giocherà le ultime chance con Djokovic, ritrovandolo dopo il trauma della finale di Wimbledon, mentre il Berretto, quando Thiem vince il secondo set contro Nole, non ha più speranze di qualificazione e contro l’austriaco metterà in palio solo l’onore. Intanto, continuiamo a inseguire una vittoria che al Masters non vuol proprio arrivare, nemmeno in un pomeriggio in cui, dimenticata la lezione di luglio, Roger è sembrato più vulnerafinirà che mai: «Quando perdi ammetterà Berrettini - non sei mai felice, ma non ho rimpianti. Ho avuto qualche chance, i tre break point, qualche suo game di servizio sul 30 pari, ma ha sempre servito bene e io ho mancato qualche risposta. Il tie break non è stato granché, ma lui non mi ha concesso nulla». Eppure quei dritti fuori misura di Roger, la lentezza di pensiero già palesata nel primo match potevano diventare il grimaldello per scardinare il monumento: «Quando stai giocando - analizzerà il terzo italiano di sempre tra i primi 10 del mondo - non immagini la tua partita sugli errori o le condizioni dell’altro. Io sono entrato in campo convinbile to che avrei potuto batterlo pure se lui fosse stato in gran forma. Mi sono avvicinato, non è bastato, ma non sono deluso».
Perdendo si impara
Soprattutto pensando al percorso intrapreso da un paio di stagioni, agli enormi e repentini miglioramenti di un ragazzo che a marzo era numero 57 e l’anno in top ten dopo essersi seduto, al Masters, alla destra dei padri nobili di questa generazione. E in fondo, pure questo senso di incompiutezza dopo una sconfitta contro il Più Grande, che le Finals le ha giocate 17 volte e vinte sei, testimonia che Berretto, in questi contesti, ormai si sente a casa e che terremoti come
quello dei Championships di quattro mesi fa gli sono serviti per scuotersi verso l’alto: «Ero nervoso, com’è normale che sia, ma ero anche sicuramente più pronto e deciso a giocarmi le mie carte. Sapevo cosa dovevo fare per metterlo in difficoltà, ho provato a vincere il match. Questi sono i più forti del pianeta, forse i più forti di sempre, e perdere contro di loro mi aiuterà in futuro a essere ancora migliore». Avrà pochi punti da difendere da gennaio ad aprile, Matteo, ma non gli basterà confermare una classifica già di lusso, nella sua testa lo step ulteriore sarà consolidare un livello cui sente ormai di appartenere: «Sono orgoglioso di quello che sto facendo, mi piace affrontare questo tipo di avversari e di situazioni. Anche con Djokovic, nonostante il punteggio severo, sono rimasto in campo con le mie qualità. E questa volta sono entrato negli spogliatoi e ho detto a Vincenzo (Santopadre, il coach, ndr) e ai ragazzi del team “Ehi, io voglio essere ancora migliore di così”. Io voglio mettermi nelle condizioni di battere questi campioni. Con rispetto, ma sento che potrò riuscirci». Il primo passo verso la gloria eterna.