La Gazzetta dello Sport

ALTRA LEZIONE DI FEDERER MA BERRETTINI STA IMPARANDO

Matteo perde il primo set al tie break poi si arrende, ma Wimbledon è lontana: «Mi sono avvicinato, un giorno voglio riuscire a battere i big»

- Di Riccardo Crivelli- INVIATO A LONDRA

Saluta le Finals Domani, contro Thiem, il romano giocherà soltanto per la gloria

La belva ferita non perde l’anima e ruggisce quando il duello con il giovane leone si fa più minaccioso. No, questo non è il Centrale di Wimbledon, dove Berrettini si sciolse di fronte allo sguardo magnetico della leggenda Federer prima ancora di incrociarl­o: stavolta Matteo combatte, non si piega inerme al mito abbacchiat­o e ammaccato, lo trascina nei meandri di una sfida brutta, sporca e in equilibrio, fino a un tie break che indirizza il primo set e la partita.

Nessun rimpianto

È in quei momenti di tensione, quando il clima si riscalda, che un Roger fin lì appena ordinario alza la voce, cominciand­o con un ace e mettendo sempre la prima, mentre l’avversario lo omaggia di un dritto lungo in manovra e un doppio fallo. Stille di classe del Divino, quanto basta per scrostarsi la ruggine di un finale di stagione al solito ansimante e prendersi subito il break nel game iniziale del secondo set, perché l’eroe azzurro ha avvertito il colpo. E quando finalmente Berretto si procura tre palle break nell’ottavo game, le prime e uniche del match nonché le chiavi per riaprire la contesa, Federer si affida di nuovo al servizio, anche se un paio di risposte di dritto non impossibil­i andavano gestite meglio da Matteo.

Ciao Londra

Il Maestro, che in carriera non ha mai perso il secondo match delle Finals, perciò sopravvive, e si giocherà le ultime chance con Djokovic, ritrovando­lo dopo il trauma della finale di Wimbledon, mentre il Berretto, quando Thiem vince il secondo set contro Nole, non ha più speranze di qualificaz­ione e contro l’austriaco metterà in palio solo l’onore. Intanto, continuiam­o a inseguire una vittoria che al Masters non vuol proprio arrivare, nemmeno in un pomeriggio in cui, dimenticat­a la lezione di luglio, Roger è sembrato più vulnerafin­irà che mai: «Quando perdi ammetterà Berrettini - non sei mai felice, ma non ho rimpianti. Ho avuto qualche chance, i tre break point, qualche suo game di servizio sul 30 pari, ma ha sempre servito bene e io ho mancato qualche risposta. Il tie break non è stato granché, ma lui non mi ha concesso nulla». Eppure quei dritti fuori misura di Roger, la lentezza di pensiero già palesata nel primo match potevano diventare il grimaldell­o per scardinare il monumento: «Quando stai giocando - analizzerà il terzo italiano di sempre tra i primi 10 del mondo - non immagini la tua partita sugli errori o le condizioni dell’altro. Io sono entrato in campo convinbile to che avrei potuto batterlo pure se lui fosse stato in gran forma. Mi sono avvicinato, non è bastato, ma non sono deluso».

Perdendo si impara

Soprattutt­o pensando al percorso intrapreso da un paio di stagioni, agli enormi e repentini migliorame­nti di un ragazzo che a marzo era numero 57 e l’anno in top ten dopo essersi seduto, al Masters, alla destra dei padri nobili di questa generazion­e. E in fondo, pure questo senso di incompiute­zza dopo una sconfitta contro il Più Grande, che le Finals le ha giocate 17 volte e vinte sei, testimonia che Berretto, in questi contesti, ormai si sente a casa e che terremoti come

quello dei Championsh­ips di quattro mesi fa gli sono serviti per scuotersi verso l’alto: «Ero nervoso, com’è normale che sia, ma ero anche sicurament­e più pronto e deciso a giocarmi le mie carte. Sapevo cosa dovevo fare per metterlo in difficoltà, ho provato a vincere il match. Questi sono i più forti del pianeta, forse i più forti di sempre, e perdere contro di loro mi aiuterà in futuro a essere ancora migliore». Avrà pochi punti da difendere da gennaio ad aprile, Matteo, ma non gli basterà confermare una classifica già di lusso, nella sua testa lo step ulteriore sarà consolidar­e un livello cui sente ormai di appartener­e: «Sono orgoglioso di quello che sto facendo, mi piace affrontare questo tipo di avversari e di situazioni. Anche con Djokovic, nonostante il punteggio severo, sono rimasto in campo con le mie qualità. E questa volta sono entrato negli spogliatoi e ho detto a Vincenzo (Santopadre, il coach, ndr) e ai ragazzi del team “Ehi, io voglio essere ancora migliore di così”. Io voglio mettermi nelle condizioni di battere questi campioni. Con rispetto, ma sento che potrò riuscirci». Il primo passo verso la gloria eterna.

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Matteo Berrettini, 23 anni 8 al mondo, e Roger Federer, 38 anni, numero 3 e vincitore di 20 Slam su 103 titoli
GETTY Rivali Matteo Berrettini, 23 anni 8 al mondo, e Roger Federer, 38 anni, numero 3 e vincitore di 20 Slam su 103 titoli

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