La Mercedes resta solo se conta di più
Chiede alla F.1 un ruolo che ne rispecchi lo status. Bottas al GP con un motore fresco
Come era intuibile sin dal momento in cui era stato costretto a parcheggiare la sua Mercedes fumante al GP del Brasile, Valtteri Bottas domenica nella conclusiva gara di Abu Dhabi (via alle 14.10, diretta su Sky e Tv8) sarà chiamato a una rimonta. Da che posizione dello schieramento ancora non è chiaro perché l’unica certezza è che la power unit che ha sofferto a Interlagos di una perdita d’olio, la terza delle tre consentite dal regolamento, non sarà più utilizzabile e ne verrà messa in campo una nuova. Ma contrariamente a ciò che era avvenuto due settimane fa a Charles Leclerc che aveva perso solo 10 posizioni in quanto la sua rossa aveva montato un nuovo V6, mantenendo intatti gli altri elementi della power unit sulla vettura del finlandese dovrebbero essere montate altre parti nuove. Bottas esce così dal novero dei candidati alla vittoria anche se nel 2012, Vettel, retrocesso da primo a ultimo in qualifica per essere rimasto senza benzina, rimontò sino al terzo posto. Di sicuro sarà interessante comprendere la reale potenza della Power Unit Mercedes liberata dall’obbligo di disputare più gare, mentre le speranze di chiudere una stagione comunque eccezionale (14 vittorie su 20 GP sin qui disputati e 9 pole) con un successo saranno riposte su Lewis Hamilton che ha una gran voglia di cancellare la figuraccia brasiliana: l’incidente con Alexander Albon all’ultimo giro che gli è costato il terzo posto.
Che cosa succederà?
Ma archiviato il 2019 resta ancora senza risposta l’interrogativo sul futuro della Mercedes in F.1 quando nel 2021 arriverà la nuova formula e il budget cap: resterà oppure lascerà sazia dei successi ottenuti e scontenta della visione futura di Liberty? Anche se le parole di Ola Kallenius, il nuovo uomo forte a Stoccarda, pronunciate nei giorni scorsi a Londra, sembrano aprire a un “remain”. «Se usiamo il metodo Nielsen, il ritorno mediatico della F.1 per il nostro marchio vale un miliardo di euro con costi sorprendentemente bassi», ha detto il presidente Daimler agli azionisti. E poiché il marchio ha allungato la striscia vincente a sei anni consecutivi, tutti quelli dell’era ibrida sin qui nei GP, perché mollare? Eppure, eppure...
Via libera della rossa
Mercedes non è convinta dalle nuove regole ma soprattutto è indispettita perché la Ferrari non ha opposto resistenza: senza arrivare ad esercitare il diritto di veto, che avrebbe proba2013
bilmente scatenato una battaglia legale tra Liberty e il Cavallino, sarebbe bastato esibire un “no” al Consiglio Mondiale nel giorno in cui le norme sono state ratificate per dare un segnale, seppur simbolico. Invece, Maranello, probabilmente allettata dalla bontà dell’offerta nel patto commerciale e confortata dall’aver mantenuto il diritto di veto (seppure con paletti più ristretti) ha rotto il fronte con Mercedes e Red Bull. Ma forse a Stoccarda come a Salisburgo si sono dimenticati come sia da sempre nel dna della Ferrari schierarsi con la Fia (stavolta alleata coi nuovi proprietari americani della F.1). Non era stata proprio la rossa, la prima a firmare il rinnovo del patto della Concordia nel con Bernie Ecclestone?
Ruolo da protagonista
Ma se sulle regole, ormai, la Mercedes ha inghiottito il boccone amaro, sull’aspetto commerciale punta i piedi: non è tanto una questione di soldi, si fa intendere, ma di riconoscere il ruolo centrale che la Stella a tre punte si è meritata in 25 anni di presenza in F.1 (rientrò nel 1994 come fornitrice di motore alla Sauber). Senza, scatterebbe la smobilitazione. «Se decidiamo di uscire dalla F.1, lo facciamo completamente, anche come fornitori di motori»; aveva tuonato qualche settimana fa il team principal Toto Wolff, la cui assenza allo scorso GP del Brasile, la prima, da quando 6 anni fa ha preso il timone di
Brackley, è stata giudicata «strana», malgrado ampiamente giustificata considerato i due titoli ormai in cassaforte.
Strana Alleanza
La mancata presenza di Wolff ai box di Interlagos aveva scatenato ogni sorta di speculazione, come ad esempio, quella riportata dalla tedesca Sport Bild, che Brackley potesse essere ceduta al duo formato da Roger Penske, Dimitri Mazepin, in una inedita alleanza russoamericana, subito smentita dal manager americano che ha da poco acquistato Indianapolis e la Indycar. «Conosco bene Roger – spiegava nel paddock paulista Lawrence Stroll, il padre di Lance, capo della cordata canadese, che ha acquistato la Force India nell’estate 2018 – non credo che alla sua età voglia imbarcarsi in una simile impresa; insieme a Mazepin poi? No way (nessuna possibilità; n.d.r.). Non posso mettere la mano sul fuoco che la Mercedes possa vendere il team, ma sono ultra convinto che resterà come fornitrice di motori. Ha un contratto sino a metà del prossimo decennio con noi e con la Williams e ne hanno siglato uno recentemente (alla vigilia del GP di Russia di fine settembre; n.d.r.) con la McLaren. Noi ad esempio, abbiamo firmato la scorsa estate l’estensione del contratto, lo avrebbero fatto se avessero avuto dubbi sulla loro permanenza?». Insomma si ha la sensazione che queste voci di abbandono siano messe in giro ad arte per strappare condizioni migliori a Liberty. E intanto su un altro tavolo Wolff e soci trattano il rinnovo del contratto post 2020 con Lewis Hamilton. Con la speranza di alzare l’asticella dei primati che il pilota inglese intende strappare a Michael Schumacher.