La Gazzetta dello Sport

Ora va ricreata competizio­ne Serve fantasia E coraggio

«STELLE, TESTA E SUPER CAMPIONATI NEL VOLLEY SIAMO CENTRO DEL MONDO»

- Di g.l.p. di Gian Luca Pasini

Come ci insegna la saggezza popolare, è impossibil­e fare coesistere sotto lo stesso tetto una moglie ubriaca e la botte piena. A qualcosa si deve per forza rinunciare. A meno che non si dia spazio alla fantasia e si cerchi una soluzione che oggi non è sul tavolo della pallavolo italiana. Uno dei motivi per cui l’Italia ha vinto di meno in queste ultime stagioni è (anche) che ha avuto, soprattutt­o nel settore maschile, meno talenti da portare in azzurro. E che il sistema attuale «garantisce» ai nostri giocatori il posto fisso. All’epoca di Julio Velasco e negli anni successivi, quello che aveva fatto la differenza nell’Italia era la competizio­ne interna al gruppo. Su quelle rivalità (tecniche) si sono scritte pagine memorabili e quasi tutte d’oro per la pallavolo italiana, eccezion fatta per l’Olimpiade, rimasta finora una “maledizion­e” di questo movimento con tre finali perse fra Atlanta 1996 e Rio 2016.

Per cercare di riproporre quella competizio­ne interna all’azzurro, che garantisce un ricambio continuo, si devono battere altre strade, magari rischiose, di certo innovative. Una di queste parte dal fatto che a livello giovanile, almeno negli ultimi anni, i ragazzi italiani vincono già, poi quando arrivano alla fine del percorso juniores (under 21) non trovano spazio in prima squadra (parlando di club).

Ora una delle possibilit­à è quella di fare giocare in Superlega un Club Italia che sia formato dagli atleti che terminano il percorso giovanile e, come dimostrato dalla storia degli ultimi 20 anni, non troverebbe­ro subito spazio in quello che oggi viene definito il campionato più forte del Mondo. Anche se su questa proposta - finora - la Lega e la Federazion­e non hanno trovato una comunione d’intenti. Come accadde nel 1985, quando nacque il gruppo che venne affidato a Velasco, si cercò una scelta non condivisa, ma radicale. Fu la svolta. È necessario un altro colpo d’ala con la fantasia tipica del nostro Paese. Anche a costo di non avere l’unanimità. Ma la posta in palio è troppo alta per non provarci neppure...

Fuso orario. Valigie. Pullman. Aereo. Una festa al palasport di Civitanova (di corsa) prima di cambiare il trolley e la biancheria: dalla maglietta a maniche corte del Brasile al maglione pesante che gli servirà per la Repubblica Ceca. «Stamattina una seduta in sala pesi e poi di nuovo in aereo - dice Ferdinando De Giorgi, già palleggiat­ore tre volte campione del mondo ai tempi di Julio Velasco e Bebeto ct dell’Italia e oggi allenatore della Lube campione del Mondo -. Questa volta c’è la prima gara di Champions League... E anche questa è da vincere perché se non arrivi primo nel tuo girone ti complichi molto la vita».

3Civitanov­a e Conegliano sul tetto del mondo in una giornata indimentic­abile. C’è una ricetta?

«Se fosse così facile, basterebbe replicare. Era un obiettivo a cui tenevamo molto, come società e come gruppo. Credo che i ragazzi siano stati molto bravi a restare concentrat­i sull’obiettivo che ci eravamo dati. E non

Coach De Giorgi dopo le vittorie mondiali delle ragazze di Conegliano e della sua Civitanova: «Si deve migliorare giocando»

abbiano arretrato anche quando la situazione si è fatta complicata».

3La svolta c’è stata in quel terzo set nella finale con il Sada Cruzeiro.

«Una partita già difficile, lì ha raggiunto l’apice dell’intensità. Avere vinto in quel momento è stato decisivo. Non è un caso che in quel set ho utilizzato 12 giocatori, per cercare di usare tutte le carte che avevamo a disposizio­ne. Si è capito che quello sarebbe stato il momento decisivo della partita. Così è stato. Guardavo i ragazzi, i nostri e gli altri, dopo quel set. E vedevo che erano esausti per la La squadra è stata molto brava nel trovare, in questa settimana di grandi tensioni ed emozioni, gli equilibri anche nel suo disequilib­rio. Purtroppo - e lo abbiamo detto cento volte - la stagione consente questo e ci dobbiamo adattare. Dobbiamo crescere, come gruppo, giocando». 3Da questo punto di vista il campionato italiano è una “scuola” importante per migliorare...

«È assolutame­nte formativo. Le 10 gare che abbiamo giocato prima di questo torneo ci sono servite a trovare il ritmo giusto. E quando dico che il nostro campionato è il più difficile al mondo non penso solo alle prime 4 squadre, ma è altissimo il livello medio. Se non giochi al massimo rischi sempre. Chiaro che è necessario fare un turn over, ma non puoi stravolger­e la squadra nel farlo, perché il livello è sempre altissimo. La difficoltà in più di quest’anno è appunto quella di utilizzare tutte le partite per fare crescere la squadra. Non c’è alternativ­a».

3Alla Lube, anche dopo quello che ha detto il patron Fabio Giulianell­i («conta solo vincere»), la pressione è sempre alta. Questo successo cambia qualcosa nello scacchiere della sua squadra?

«Non ho idea di come ci vedessero gli altri prima di questo successo. Quindi non lo so. Di certo, per noi, ci fa capire che siamo ancora all’inizio dell’annata. C’è ancora tutto sul tavolo e questo ci può aprire nuovi scenari. Fare capire dove possiamo arrivare e quanto possiamo crescere. Ci aumenta la consapevol­ezza. Certo ci sono le squadre avversarie, ma noi possiamo essere consapebat­taglia. L’Italia pa

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