Una Premier “bulgara” Oggi l’incertezza è in A
Non è eroico vivere alla giornata, anche se può essere comodo e, per questo, molti lo consigliano. E poi siamo appena a metà strada, mica in prossimità delle fatali idi di marzo, quando sapremo chi è Cesare e
chi Bruto. La tentazione però è forte, fortissima: il Boxing day del 26 dicembre ha in serbo Leicester-Liverpool e un eventuale successo dei Reds potrebbe decretare la fine precoce, quasi «italiana», della Premier. Perché sì, oggi il Liverpool guida con 10 punti di vantaggio sulle Volpi, rifondate da Brendan Rodgers dopo il clamorosissimo
“scudetto” dell’era Ranieri, e 14, addirittura, sul Manchester City di Pep Guardiola. In Inghilterra sono avanti di un turno. Tanto per completare il quadro, il Chelsea arranca a meno 20, il Tottenham, al cui capezzale è stato precettato d’urgenza José Mourinho, a meno 23, il Manchester United a meno 24. Distacchi bulgari. E la nostra derelitta Serie A? Già è una notizia che la Juventus degli otto titoli non l’abbia ancora fagocitata. Il duello con l’Inter di Antonio Conte sta sabotando i pronostici, e la stessa Lazio delle otto vittorie consecutive non ha paura di sporgersi dal davanzale. Un anno fa, di questi tempi, era in fuga la Juventus del primo Cristiano, con 46 punti. Il Napoli di Carlo Ancelotti inseguiva a 8 lunghezze, l’Inter a 14, il Milan a 19, la Lazio a 21, la Roma a 22 in balìa di una dittatura che l’atterraggio del Marziano aveva contribuito ad accentuare. Siamo di fronte a un’eccezione - e, come tale, probabilmente passeggera che non escludo possa spingerci a una grottesca marcia indietro tipo il fuggifuggi della spedizione spagnola del 1982, allorché traslocammo, senza risparmio di incenso, da un c.t., Enzo Bearzot, accompagnato al rogo sotto un diluvio di berci a campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo. Il Liverpool, fra parentesi, non vince il titolo dal 1990: la Premier nacque due anni dopo. La Champions strappata agli Spurs di Mauricio Pochettino ha tolto un peso dallo stomaco di Jurgen Klopp. Inoltre: zero mercato. Ad Anfield non pensano che si debba cambiare se e quando, soprattutto, le cose funzionano. E nemmeno al Barça, prigionieri felici di Leo Messi dal 2000, Dio che noia. Da loro, i diritti televisivi sono i più ricchi ed equilibrati del pianeta. Da noi, fra i più sbilanciati. Eppure abbiamo un rodeo che ha alzato il ritmo - come documentano gli strappi di Atalanta, Cagliari, Verona - e mescolato le carte proprio nel momento in cui gli inglesi dominano in Europa e si annoiano in casa. Sto con Tiziano Sclavi, papà di Dylan Dog: «Dove abita lo strappo alla regola? In via del tutto eccezionale».