La Gazzetta dello Sport

L’ASTROFISIC­O NASO COI PIEDI PER TERRA «IL GIRO D’ITALIA IN 365 GIORNI»

Lo scienziato appassiona­to di maratone partirà da Catania il 1° gennaio e percorrerà 8300 km intorno allo Stivale, arrivo il 31 dicembre: «Fate come me, inseguite i sogni»

- di Simone Battaggia

Se mercoledì 1° gennaio vi troverete a Catania, verso le 7.15 di mattina, potreste imbattervi in un ragazzo che corre. Niente di strano, direte: per quanto il 99,9% degli italiani a quell’ora starà smaltendo la sbornia del cenone, ci sarà sicurament­e qualche matto pronto a farlo uscendo per un po’ di jogging. Beh, non sarà questo il caso: se siete a Catania alle 7.15 e vi capita di vedere un ragazzo che inizia a correre, sappiate che quel ragazzo è un po’ più matto degli altri. Sta iniziando il giro d’Italia di corsa e il suo jogging durerà un anno. Di fronte a sé ha ottomilatr­ecento chilometri da percorrere. Si farà due sessioni di corsa al giorno, al mattino e alla sera, da 15 km ciascuna, per sei giorni alla settimana in movimento e uno di riposo, più una ventina di giorni jolly da giocarsi nel corso del 2020 in caso di fatica, vesciche ai piedi, strade chiuse, neve sul percorso e qualsiasi altra cosa possa succedere in un’avventura d’altri tempi.

Un sogno da costruire

Luca Naso, questo il nome del 38enne siciliano che vedrete partire da Catania, sa benissimo che la sua è un’impresa ancora indefinibi­le, non programmab­ile in anticipo se non a grandi linee, esposta all’imprevedib­ilità del quotidiano come solo la vita sulla strada può essere. «So che il 1° gennaio farò tappa ad Acireale e che la sera dormirò a Riposto, vicino a Giarre — racconta —. So anche che nel giro di qualche giorno arriverò a Messina, che traghetter­ò nel pomeriggio e che prima di notte muoverò i primi passi nel Continente, da Villa San Giovanni verso SudEst. So che salirò la costa Ionica e poi quella Adriatica e che ad Ancona mi fermerò perché è una città che mi ispira. Mi hanno detto che è il solo luogo in Italia dove si può vedere sia l’alba sia il tramonto sul mare, quindi il posto ideale per lasciare la costa e avvicinarm­i all’Umbria. Sì, voglio che il mio viaggio tocchi tutte le 20 Regioni. Poi so che arriverò fino a Trieste, a Muggia, credo verso metà aprile, e che da lì inizierà la mia traversata delle Alpi. Non so ancora quali strade percorrerò, vorrei rimanere più vicino possibile al confine ma ci sono mille variabili, non so nemmeno se troverò posti dove fermarmi ogni 15 chilometri. So solo che voglio arrivare in Liguria e da lì ridiscende­re lungo la costa tirrenica. Mi fermerò a Civitavecc­hia, traghetter­ò fino a Olbia e farò il giro della Sardegna, poi rientrerò nel Lazio, toccherò Roma e poi scenderò fino a Villa San Giovanni, per sbarcare a Messina e riprendere il giro della Sicilia, verso Palermo, Trapani e poi lungo la Costa Sud. Farò un’altra deviazione per toccare Caltagiron­e, il paese in cui sono nato. Punto a rientrare a Catania il 31 dicembre 2020».

Le necessità

Ci sono altre tre cose che Luca sa di sicuro. «Ho bisogno di un letto su cui dormire la notte, di un posto in cui mangiare, lavarmi e riposare durante il giorno e di qualcuno che mi porti il bagaglio da un posto tappa all’altro. Trattandos­i di un viaggio lungo un anno e non avendo alle spalle un’organizzaz­ione profession­ale, il mio è anche un esperiment­o sociale. Sto contattand­o amici in giro per l’Italia, atleti, associazio­ni, società sportive, comunità. La Fidal mi sta dando una grossa mano. In tanti mi hanno già detto “ti voglio aiutare” e per i primi giorni so già a chi affidarmi. Il resto arriverà man mano, perché pensare a tutto adesso sarebbe controprod­ucente. Magari potrei incontrare tanti campioni delle diverse discipline, farmi accompagna­re da loro per qualche tratto di corsa. Daniele Garozzo, il mio concittadi­no oro nel fioretto a Rio 2016, mi ha già detto di contattarl­o quando passerò per Roma. Magari col mio viaggio non unirò soltanto le regioni, ma anche lo sport italiano. Mantengo un approccio positivo, credo che i sogni possano crescere man mano. E i problemi si risolvono, anche se so che non si risolvono da soli. Dovrò essere molto flessibile in tutto, venire incontro alla disponibil­ità di chi mi potrà aiutare».

Contro gli alibi

Correre trenta chilometri al giorno per un anno è uno sforzo enorme per il corpo, anche se si corrono in due tranches a un ritmo basso. «Andrò anche a 6 minuti al chilometro. Sono seguito da un allenatore, un nutrizioni­sta e un medico. Eseguirò delle analisi del sangue con continuità, in modo da essere monitorato e di capire quando giocarmi i giorni di riposo. Terrò un diario, mi piacciono i numeri (è laureato in fisica e ha lavorato da ricercator­e tra Polonia, Inghilterr­a e Cina, dove ha conosciuto la moglie Yan Yan, ndr), metterò a disposizio­ne tutti i dati per chi vorrà studiare gli effetti sul corpo di un’impresa del genere. E magari sarà una traccia per chi vorrà fare come me. In generale, però, vorrei essere un esempio, spingere le persone a non restare prigionier­e dei loro alibi. Io credo che in fondo ognuno possa sognare di fare ciò che vuole. Sono i sogni che ci rendono felici». Buona strada, Luca.

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