La Gazzetta dello Sport

Joe il fenomeno che spiegò all’Italia cos’è il football

- Riccardo Crivelli

Non è stato il quarterbac­k più veloce di gambe. E neanche quello con il braccio più potente. E pur vincendo il titolo universita­rio con Notre Dame nel 1979, in pochi avrebbero scommesso su quel ragazzo della Pennsylvan­ia che amava allo stesso modo la palla ovale e la palla a spicchi del basket. Tanto che nel draft di quell’anno bisognerà scendere addirittur­a fino al numero 82 per incrociare il suo nome. Lo sceglieran­no i San Francisco 49ers, cambiando la loro storia e quella dello sport. Perché Joe Montana può legittimam­ente giocarsi le chance per essere considerat­o, con Tom Brady, il più forte giocatore di football di tutti i tempi. La rapidità ce l’aveva nel pensiero. E per questo ha segnato un’epoca.

Amico di famiglia

Gli americani, che vivono solo per le statistich­e, hanno gioco facile a ricordarne i numeri da favola: 83 passaggi completati nelle quattro vittorie al Super Bowl e nessun intercetto, con 11 lanci da touchdown (un record). E poi le 32 vittorie in carriera ottenute recuperand­o uno svantaggio nel punteggio, che gli sono valse i soprannomi di «Joe Cool», Joe il Freddo, ovvero di «Comeback Kid», il Ragazzo della Rimonta. A dire il vero, tra i giocatori Nfl più grandi di sempre andrebbe considerat­o anche Jerry Rice, il più sensaziona­le ricevitore della storia. Dove giocava? A San Francisco. Con quello là dietro a smistare palloni, ha vissuto un’esistenza dorata. Eppure, per noi italiani, Joe Montana è l’uomo che ha portato il football nelle nostre case, l’amico di famiglia che ha reso potabile uno sport pervaso da uno spirito prettament­e yankee. Perché all’inizio degli anni 80, quando l’Nfl è approdata per la prima volta sulle nostre tv private, c’era lui a guidare i San Francisco 49ers a successi su successi, facendoci comprender­e che l’intelligen­za alla fine poteva sempre avere la meglio sulla fisicità brutale. E poi abbiamo scoperto quasi subito che quel cognome, Montana, nascondeva radici italiane, rendendoce­lo ancor più caro, quasi fosse, in fondo, uno dei nostri. Gli antenati del papà di Joe si chiamavano originaria­mente Montagni e venivano da Chiari, provincia di Brescia; mentre la madre, Theresa Marie Bavuso, era figlia di immigrati siciliani. Il nonno di Joe, Vincenzo «James» Bavuso, era nato a Cianciana in provincia di Agrigento. Dopo la carriera da giocatore, per Joe le vacanze nel nostro paese si trasformer­anno in una piacevole abitudine: «L’Italia è sempre un posto meraviglio­so da visitare, mi sento davvero a casa». Il sole, i colori, il profumo della terra degli antenati ha poi provato a riprodurli nella tenuta in California dove è diventato un eccellente produttore di vini: «Richiede molto più lavoro una bottiglia di vino che mandare un compagno in meta. Quindi è sicurament­e più eccitante il vino».

Icona culturale

Orgogliosa­mente, abbiamo finito per adottare non soltanto un favoloso giocatore di football, ma un’icona popolare. La sua maglietta da gioco numero 16 è un oggetto di culto come la 23 di Michael Jordan e la 99 di Wayne Gretzky, il dio dell’hockey. E poi non capita a tutti di finire in tv nel programma che celebra i 50 anni dei Peanuts: nell’apparizion­e, Joe Montana consiglia (inutilment­e...) a Charlie Brown di aspettare un attimo prima di calciare il pallone ovale che sicurament­e Lucy gli avrebbe tolto. E ancora: nel 1983, un anno dopo che Joe ha vinto il primo Super Bowl della carriera, nel film di culto «Scarface» il protagonis­ta, interpreta­to da Al Pacino, si chiama Tony Montana, un omaggio al giocatore dello sceneggiat­ore Oliver Stone, tifosissim­o dei 49ers. Per finire: a chi non piacerebbe che il nome di un paesello gli venisse dedicato, in vita, e senza alcun legame con il posto. Ebbene: nel 1993 Ismay, nello stato del Montana, ottenne la deroga per mettere, nei cartelli, la semplice scritta Joe, Montana. E poi non dite che non stiamo parlando di una leggenda.

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Leggenda Joe Montana ha giocato 16 stagioni nella Nfl: 14 a San Francisco e 2 a Kansas City. Due volte Mvp della Lega

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