NON È COPPA PER “OUTSIDER” AI QUARTI C’È IL TOP DELLA A
“Dentro o fuori” è bellissimo. E lo sarà sempre più entrando nei quarti: si parte con Napoli-Lazio e JuveRoma, fuori anche il Parma, alla fine sono passate tutte le grandi tranne l’Atalanta. Quasi una “final eight”. Dovrebbe rifletterci chi progetta di diluire le coppe europee in mega-gironi all’italiana. Anche la cara, vecchia Coppa Italia — che non è la Coppa d’Inghilterra, come la Rai non è la Bbc — lascia il piacevole retrogusto delle sfide da 90’, premessa allo spettacolo unico della Champions. Sarebbero serviti però più coraggio dalle piccole e meno calcoli con vista sul campionato: la Juve può permettersi tutti i turnover, l’Udinese cambia categoria senza De Paul e Mandragora. Viene prima la salvezza, ma insomma.
Non è un caso che Juve, Inter e Lazio siano in fuga in classifica e, tabellone alla mano, le più accreditate candidate alle semifinali dovendo sfidare Napoli, Fiorentina e Roma, in teoria inferiori. C’è da aspettarsi equilibrio in Milan-Torino, ma tanto dipenderà da Ibra sì-Ibra no. Se il Milan vuole recuperare terreno sportivo e utili di bilancio, l’ultima delle strategie dovrà essere snobbare la Coppa Italia e, quindi, l’Europa League. Gli inglesi non lo fanno. Questo Toro in risalita però non è la Spal, troppo preoccupata di perdere la A per pensare al mercoledì di coppa. A San Siro non sarà sfida per signorine.
Juve, Inter e Lazio dicevamo. E Dybala, Lukaku e Immobile. Le facce da coppa sono le stesse del campionato. L’argentino è tornato quello delle prime stagioni di Allegri, trequartista e non mezzala: con in più quella maturità tattica che ne sta facendo un regista-leader. Il belga è il centravanti con l’etichetta “made in Conte”, abnegazione e profondità, sacrificio e gol. Quand’era c.t. a Francia 2016, Conte faceva capire off record che con Lukaku avrebbe potuto vincere l’Europeo. Non vaneggiava. Immobile va alla strabiliante media di 23 gol in 24 partite, velocità di crociera di Messi e CR7. Continuando così la Lazio può cullare sogni mostruosamente proibiti e Mancini godersi con Belotti una coppia preziosa, intercambiabile e, vedi mai, in campo assieme. Colpisce che questi tre avessero il coltello tra i denti come fosse una semifinale di Champions.
Stesso discorso per Lorenzo Pellegrini che, con tutti i distinguo del caso, è un po’ il Dybala della nuova Roma per ruolo, autorevolezza e, ieri, gol, mentre Fonseca ne approfitta per sperimentare la difesa a tre, nuova legittimazione da un tecnico “giochista” per un sistema tattico poco trendy. Chi ha deluso è l’Atalanta passata da un secondo tempo dominante con l’Inter alla sensazione d’impotenza contro la praticissima nuova Fiorentina di Iachini. Stare sempre in tensione non è possibile, con il Valencia la concentrazione dovrà essere totale. Spiacevole però la propaggine degli insulti reciproci Gasperini-tifosi. Quello del tecnico è stato uno scivolone, sì, ma anche una reazione comprensibile come quelle dei giocatori insultati per la loro pelle. Pagare il biglietto dà diritto ai fischi, non all’offesa. Il discorso è vecchio, peloso e ipocrita: finché lo stadio resta zona franca e qualsiasi “crimine” impunito... Appunto: fino a quando?
Bentornati Cutrone (che ha dentro qualcosa di Immobile), Piatek (che non può essere diventato un incapace), Caldara (se lo merita) e Insigne (ora con Gattuso è 4-3-3, basta alibi). Speriamo invece non tornino orari d’inizio spagnoli come ieri (21.15). E una domanda: perché le semifinali con andata e ritorno? Davvero i bilanci dipendono da due gare (e due diritti tv) in più?