Ibra, Sainz, CR7, Brady Lo sport è dei vecchi?
Arriva Ibra a 38 anni e fa la differenza: com’è possibile? Il calcio italiano è così scaduto?
Imposterei la domanda in un altro modo e allargherei gli orizzonti anche al di fuori del calcio, nelle ore in cui il cinquantottenne Carlos Sainz sta dominando la Dakar: un record. Direi che lo sport mondiale è dominato dagli atleti maturi: il tennis con i 38 anni di Federer (ma anche Nadal e Djokovic sono ben oltre i 30), il basket con i 35 di LeBron, il calcio con i 35 di CR7 (ma anche Messi a 32 è più forte che mai), il nuoto con i 31 di Federica Pellegrini, il football con i 42 di Tom Brady. L’elenco potrebbe continuare a lungo: ci sono discipline, vedi il ciclismo, dove si diventa grandissimi ben dopo i 26-28 anni.
La tendenza è chiara: le carriere si stanno allungando, come del resto la speranza di vita degli umani. Un tempo i trent’anni venivano vissuti come le colonne d’Ercole, oggi a quell’età si è nel pieno delle forze, con orizzonti ampi e ingaggi poderosi. Escludo che ciò sia in relazione al declino tecnico delle varie discipline, fra l’altro sarebbero troppe: i motivi sono altri. Vediamo.
Quaranta o cinquanta anni fa le metodiche di allenamento erano uno scherzo rispetto ad ora, così come i carichi di lavoro. I pesi erano sconosciuti per tutti gli sport di squadra, il lavoro individuale era inesistente. L’uomo e la donna atleti sono seguiti in modo maniacale rispetto al passato.
A loro disposizione ci sono staff di preparatori, fisioterapisti, nutrizionisti, per non parlare dei medici, che non hanno riscontro col passato. L’alimentazione e il regime di vita oggi sono scienza, una volta si riducevano al riso in bianco e filetto ai ferri. Avessi detto. Ci sono poi i progressi della medicina, soprattutto in campo chirurgico-ortopedico: ho memoria di quando una lesione del menisco, infortunio quasi banale ai tempi nostri, poteva mettere a serio rischio il futuro di un calciatore. La fase riabilitativa post-infortunio e quella preventiva hanno avuto l’evoluzione più travolgente: rientrare al massimo delle potenzialità da un intervento di ricostruzione di un crociato è un fatto di routine.
C’è infine il capitolo motivazione che nelle cose umane, e non soltanto sportive, e alla base di tutto. Se il fisico tiene e la mente è sgombra (magari con l’aiuto di psicologi, altre figure «nuove»), perché non continuare, rinunciando magari a contratti ricchissimi? L’aspetto ludico-agonistico è all’origine dell’appeal dell’attività sportiva: giocare è prima di tutto divertente e se si riesce a vincere, le gratificazioni sono benefiche. Un meccanismo valido per tutti, non solo per i campioni: il cinquantenne che riesce a rimettersi in forma, battere a tennis o a calcetto il proprio mal di schiena e il collega di ufficio riceve spinte di benessere. E quindi perché smettere?