No Ibra, no party Maldini junior unica gioia Milan
POCO MILAN SENZA ZLATAN: CHE OCCASIONE MANCATA E IL VERONA IN DIECI REGGE
Con una vittoria i rossoneri sarebbero andati a -5 dalla zona Champions. Calhanoglu risponde a Faraoni, poi tre pali (due dell’Hellas). Espulso Amrabat, debutta Daniel Maldini
Se ci fossero stati dubbi, il pari contro il Verona li ha spazzati via: il Milan ha fatto benissimo a prendere Ibrahimovic. Nella domenica senza l’indisponibile Zlatan, il vecchio Diavolo è rimasto a piedi, come gran parte della città, privata dell’auto per il provvedimento anti-smog. Nastro riavvolto, siamo tornati al Milan fragile dell’autunno, senza arte né parte, e una grande occasione è andata perduta. La Roma ha perso contro il Sassuolo, il Genoa ha fermato l’Atalanta sul pari: se i rossoneri avessero vinto, sarebbero saliti a meno cinque dal quarto posto, ultimo piazzamento utile per la Champions. Senza Zlatan, il Milan deve accontentarsi di guadagnare un solo gradino, ieri mattina il quarto posto era a meno 8, oggi è a meno 7. Passettini. Un raggio di luce ha attraversato San Siro agli sgoccioli: debutto in Serie A di Daniel Maldini, figlio di Paolo e nipote di Cesare, la storia continua.
Cosa è mancato
La febbre o qualcosa d’altro un risentimento muscolare? ha tolto al Milan la bravura di Ibra nel riempire l’area avversaria, cosa che sarebbe ritornata utilissima visti i tanti palloni spiovuti davanti a Silvestri e mai intercettati da Leao e Rebic, attaccanti troppo largheggianti. È venuta meno la personalità di Ibra, la sua capacità di tenere sempre sveglia e attaccata alla partita una squadra composta da giovani di belle speranze e da giocatori della media borghesia del pallone. Una miscela che garantisce l’aurea medietà dei 55-60 punti, non l’eccezionalità di un colpo d’ala, di una giocata improvvisa e di una risalita in classifica a quota Champions. È brutto a dirsi, ma è la realtà: nel Milan senza Zlatan un altro fuoriclasse non c’è, e non c’è neppure la brillantezza di un gioco che sopperisca alla normalità di certi giocatori. Ieri Pioli ha disposto la squadra con un 4-4-2 ordinario, impiegatizio nello sviluppo, e con le volate di Theo Hernandez come unico pulsante di accensione, soluzione che ormai gli avversari si aspettano e contrastano, e che crea scompensi in fase difensiva. L’Hernandez ala ha scavallato fino all’ultimo, l’Hernandez terzino ha combinato diversi guai, inclusa la mancata diagonale di copertura su Faraoni per lo 0-1 iniziale dell’Hellas. Rimontato lo svantaggio con una punizione di Calhanoglu deviata da Verre, l’1-1 della casualità, verso la fine del match il Milan non è riuscito neppure a sfruttare i 28 minuti di superiorità numerica successivi all’espulsione di Amrabat per l’entrataccia su Castillejo. Ha sbattuto contro il muro eretto da Juric a protezione del pari e non vale nemmeno imprecare per il palo conclusivo di Castillejo, perché in precedenza il Verona di pali ne aveva centrati due, con Pessina e Zaccagni.
La pirateria di Juric
Dove finiscono i demeriti del Milan, cominciano i meriti del Verona, ottimi e abbondanti. L’Hellas gioca con la sicurezza dei suoi 30 punti. La salvezza è diventata una pura formalità, la squadra non soffre di complessi né pressioni e con convinzione segue Juric nella sua pirateria tattico-strategica. Il calcio dell’allenatore croato è concentrico, nel senso che tende a racchiudere, anzi ad avvolgere gli avversari dentro il cerchio di un sistema 3-4-2-1 molto particolare. Una nuvola in movimento. Ieri gli esterni d’attacco, Pessina e Zaccagni, entravano molto dentro il campo, creavano spazi per gli esterni di centrocampo alle loro spalle. Una squadra rannicchiata, però lesta a distendersi e ad allargarsi o a restringersi secondo necessità. Il Milan ha vinto il premio di consolazione del possesso palla, più o meno 60 a 40, e ha mantenuto una posizione media più alta di quasi 11 metri, ma il Verona ha fatto terrorismo psicologico. Ogni volta che Veloso entrava in possesso di una seconda palla e alzava lo sguardo, una ripartenza era possibile e costringeva il Milan ad affannosi riposizionamenti. Oltre a Ibra, Pioli non aveva Bennacer squalificato, altra assenza pesante. Diavolo senza mazziere specializzato, a centrocampo le carte sono state distribuite da Calhanoglu senza particolari acuti. Theo Hernandez, il terzino mancino, ha toccato più palloni di “Calha”, il regista di giornata, 94 contro 85, prova provata dell’”hernandismo” milanista, ma se il primo motore di una squadra è un esterno basso, qualcosa non quadra. Torna presto, Ibra.