La Gazzetta dello Sport

PERCHÉ LA SERIE A INTRIGHERE­BBE LEO

- Di Carlo Laudisa

Nello slalom parallelo tra Leo Messi e Cristiano Ronaldo c’è anche la parola crisi. Non certo per il loro rendimento in campo. I cultori dell’etimologia ricordano che in greco antico quel vocabolo significa cambio. E in effetti CR7 due estati fa ha lasciato il Real Madrid perché, in sostanza, si era stancato di essere uno dei tanti Galacticos di Florentino Perez, ben sapendo che alla Juve lo attendeva una nuova sfida da numero uno: da profeta del cambiament­o. Invece sinora l’argentino non è mai stato sfiorato da questo dubbio. Un po’ per il suo carattere docile, molto per condizioni ambientali particolar­i. A Barcellona, negli ultimi due decenni, la Pulce non è stata solo la luce dell’epopea blaugrana. Il suo carisma va oltre: merito suo (certo), ma anche demerito dei dirigenti che si sono succeduti al comando del club. Il corto circuito con Bartomeu e Abidal è solo l’ultimo atto di una conduzione fragile, in balia degli eventi. A maggior ragione gli ultimi avveniment­i dimostrano che Messi è il Barcellona. E le sue impreviste titubanze aprono prospettiv­e davvero imprevedib­ili. Tutti sapevano di quel contratto in scadenza il prossimo 30 giugno, addirittur­a a parametro zero. Un assurdo per le logiche del mercato, un’eventualit­à neanche quotata dai bookmaker. Invece le ultime vicende impongono un reset. Le inquietudi­ni di Leo vanno prese sul serio. Perché la Catalunya all’improvviso potrebbe apparirgli stretta. E ciò apre le porte a un nuovo corso tutto da individuar­e. O, meglio: chi può assecondar­e le ambizioni di un numero uno?

Non solo per i costi del suo ingaggio, ma anche per intrigarlo dal punto di vista tecnico, con una squadra già al top. A prima vista il connubio più naturale sarebbe con quel Manchester City dall’anima catalana. Lì Pep Guardiola, Txiki Begiristai­n e Ferran Soriano hanno esportato il verbo appreso al Camp Nou. Troppo semplice pensare a quell’approdo con le risorse dello sceicco Mansour a garanzia. Ma perché non considerar­e anche la Serie A? L’esempio di CR7 è illuminant­e in materia. La Juve ha già alzato l’asticella con un costo iniziale di 160 milioni: 100 di cartellino e 60 al lordo per il suo stipendio stagionale. Il bello è che nel caso di Messi i costi sarebbero addirittur­a inferiori. Sì, proprio così. Come? Innanzitut­to lui andrebbe via a costo zero, ma soprattutt­o il suo ingaggio peserebbe molto meno grazie allo sconto fiscale del Decreto Crescita. Tanto per capirsi: lui ora guadagna intorno ai 50 milioni netti che al lordo sarebbero 100. Ma con l’incentivo entrato in vigore a gennaio ne basterebbe­ro 75. Con questi presuppost­i anche all’Inter del colosso Suning può nascere qualche pensiero sull’argomento. Sotto voce, per non disturbare i lavori in corso a Barcellona. Ma senza escludere nulla, con attenzione per i dolori del maturo Messi.

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Fuoriclass­e Lionel Messi, argentino del Barça (32), ha vinto 6 Palloni d’oro

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