Vialli in cattedra «Felice di essere tornato nel calcio»
Il Capo delegazione azzurro e l’Europeo: «Speriamo di fare il massimo senza avere rimpianti Io sto abbastanza bene»
Signori, sale in cattedra Gianluca Vialli: il Capo delegazione dell’Italia ha inaugurato ieri il 24° MasterSport (Master Internazionale in Strategia e pianificazione degli eventi e degli impianti sportivi) dell’Università di Parma. Più che un professore un consigliere, un amico. Che, in un faccia a faccia con Matteo Marani (vicedirettore Sky), ha parlato del suo calcio, dai tre anni («ho dato un calcio a un pallone e ho capito») sino ad oggi («bellissimo tornare in un mondo che conosco bene»): in mezzo le vittorie, le sconfitte, la panchina, la tv. E la malattia: «Ma questo mio campionato va bene, sto abbastanza bene e spero che si veda». Di certo il sorriso è quello dei bei tempi. «A questi ragazzi dico che hanno di fronte una persona fortunata, che è riuscita a trasformare una passione in un lavoro. Così ti sembra di non aver mai lavorato in vita tua. Per questo dico che sono disoccupato da quarant’anni».
Senza rimpianti
Già, quarant’anni di calcio, di cose ne sono cambiate: «Quando giocavo io eravamo in diciotto, c’era un allenatore, un presidente, un vice allenatore e un direttore sportivo. Basta. Ora invece il calcio è diventato un’industria. Per le società la parte sportiva è altrettanto importante come quella commerciale. Giusto dare le competenze necessarie a chi ne vuole fare parte». Il resto è nella sua storia: la lezione inizia a Cremona, passa da Genova e Torino e finisce in Inghilterra: Vialli parla di tutto, senza risparmiarsi. Applausi. E ora riveste l’azzurro, da Capo delegazione dell’Italia. Con vista campionato Europeo. «Bellissimo tornare in un mondo dove mi trovo benissimo, ritrovare l’inno d’Italia, l’abbraccio dei giocatori, lavorare con Roberto (Mancini, ndr) col quale mi trovo perfettamente a mio agio, sono cose che non hanno prezzo. Dal punto di vista dei risultati, speriamo di fare il massimo. Senza avere rimpianti alla fine dell’Europeo».
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