Riparte Trentin il saggio «Ragazzi, non spremetevi»
L’argento mondiale debutta con la Ccc: «Gli juniores si allenano troppo in Italia, stop all’esasperazione»
E’l’esperienza: l’anno scorso partì con tre vittorie, poi si ritrovò meno brillante per le grandi classiche su cui puntava. Questa volta Matteo Trentin ricomincia con più calma. La prima tappa della Vuelta Valenciana — da Castellon a Vila Real — lo ha visto finire al 12° posto. «Bene se penso che è la prima corsa — dice al telefono il viceiridato -, non benissimo per il risultato. Ma ho ricominciato la stagione e ora può solo andare meglio giorno dopo giorno».
3 E’ cambiato qualcosa questo avvicinamento?
«E’ stato tutto più o meno simile all’anno scorso, ho solo cambiato come tempi, sono un po’ più indietro perché voglio essere più brillante negli appuntamenti più importanti, l’anno scorso mi è mancato lo scalino in più proprio quando serviva».
3Si riferisce al Mondiale e alla volata persa con Pedersen? «No, no. Al fatto che nelle classiche non sono riuscito a giocarmela come pensavo».
3 Come sarà il suo calendario? «Dopo la Valenciana, farò Murcia. Poi Algarve, le classiche di apertura in Belgio, Parigi-Nizza e Sanremo».
3Grandi Giri?
«Faccio il calendario fino alle classiche, poi vedremo».
3L’argento mondiale ha cambiato qualcosa?
«Sì, sono stato lì a un passo, nella corsa più importante dell’anno. Ero tra i favoriti, ho attaccato quando si doveva, ho risposto a Van der Poel, ero il meno outsider fra i tre al traguardo. Poi è andata come è andata, ma questo mi dà la consapevolezza che posso fare io la corsa».
3 Ci riproverà Mondiale?
«Non è nemmeno nei programmi il prossimo, è un tracciato per scalatori, non è proprio per me. Come non lo è nemmeno la corsa olimpica di
Tokyo. L’Europeo (è già stato campione continentale nel 2018) potrebbe essere invece un obiettivo, è a casa mia, a Trento, davanti alla mia gente, conosco tutte le strade...».
3 Sui fenomeni (e giovani) Evenepoel e Van der Poel ha commentato sui social: «Anche se esistessero un Remco o un MVDP italiani non arriverebbero al professionismo perché la multidisciplinarietà non esiste e sarebbero spremuti come limoni da junior (se non prima). Dobbiamo migliorare in mentalità...». Ce lo spiega? «E’ la mia opinione e non da oggi. Mi fa un po’ ridere chi si lamenta del fatto che mancano i giovani, perché poi non è che in Italia si fa qualcosa per cambiare. Basta vedere le gare giovanili, l’esasperazione degli allenamenti tra gli juniores. C’è qualcosa di sbagliato, ma da anni non si fa nulla per cambiare le cose».
3Un esempio?
«A Natale io mi allenavo come al solito con il fondo, ho visto ragazzi fare 5 o 6 ore intorno al lago, a dicembre! Se si spremono così... Non si corre più per soddisfazione, ci si allena troppo quando non serve. Dovremmo chiederci perché i migliori neopro’ italiani che passano al World Tour sono quelli che arrivano da Continental straniere. E sul discorso della multidisciplinarietà dico: io ho sempre fatto ciclocross, storcevano il naso ma grazie ai risultati non potevano dirmi di no».
A Natale ho visto giovani fare 5 ore. Ma io mi allenavo con lo sci di fondo
Azzurro Trentin ha cominciato con il ciclocross, e lo pratica ancora
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