La Gazzetta dello Sport

«Chi passa il turno diventa la sorpresa Favorito? 50 e 50...»

L’ex interista è un leader del Valencia: «Noi siamo più esperti, ma dobbiamo fare bene a San Siro»

- di Filippo Maria Ricci

Bei ricordi. Nonostante tutto. Geoffrey Kondogbia torna a San Siro dove ha vissuto due anni a corrente alternata, tra il 2015 e il 2017. E ritrova l’Atalanta di Gasperini contro la quale ha ottenuto la maggior goleada della sua vita, un 7-1 con triplette di Icardi e Banega, nel marzo 2017.

3Cosa conserva del suo biennio interista?

«Qualche amico, come ‘Brozo’, Samir o Ranocchia, il piacere di aver giocato in un grande club e tanta esperienza: all’Inter sono cresciuto come calciatore e come uomo. Il secondo è stato difficile, tanti cambi in panchina con De Boer, Vecchi e Pioli, un ambiente complicato, ma l’esperienza mi è servita».

Quando lei è andato via Spalletti le ha mandato un messaggio.

«Si, una foto con dedica. Diceva più o meno ‘In bocca al lupo, ma te ne pentirai’».

invece…

«No. Ma il suo era un gesto di affetto fatto in modo scherzoso. Io mi trovavo benissimo con Spalletti e l’allenatore voleva che restassi, però io avevo già preso la mia decisione. Mi piaceva il progetto del Valencia, venivano da due anni complicati, credevo che le cose potessero cambiare e finora grazie a Dio è andata bene: abbiamo vinto un titolo dopo 11 anni e in Liga siamo arrivati due volte quarti».

difficile giocare in Italia?

«Diciamo che è molto diverso rispetto al farlo qui. In Spagna si da più importanza al gioco, anche chi lotta per non retroceder­e prova sempre a proporre e a tener palla. In Italia è tutto più chiuso e più fisico. Da voi vige la mentalità del ‘Chi non sbaglia vince’ qui quella del ‘Chi più ci prova vince’. Io sono per l’equilibrio: a volte si esagera in Italia, a volte qui. Ogni stile ha pregi e difetti e noi giocatori ci troviamo meglio o peggio da una parte o dall’altra, penso a Banega, a Immobile, a Luis Alberto oltre a me stesso, gli esempi sono tanti».

3Percentua­li di qualificaz­ione tra Atalanta e Valencia negli ottavi di Champions League?

«Cinquanta e cinquanta. È vero che magari noi abbiamo più esperienza in Champions League, però loro hanno la libertà offerta dal non avervi mai partecipat­o e di voler arrivare lontano. L’ho vissuto col Monaco: eravamo giovani, inesperti e senza nulla da perdere. Sarà molto difficile per entrambi, e molto interessan­te».

3Chi passa può essere la sorpresa del 2020?

«Si, e ultimament­e c’è sempre una sorpresa: l’Ajax, il Monaco, il Tottenham. Bisogna crederci, perché questa sfida è aperta».

3Voi avete assenze pesanti in difesa soprattutt­o in mezzo, Garay e Paulista.

«Si, sono due che ci danno tantissimo a livello difensivo ma Diakhaby e Mangala sono forti e non importa se hanno giocato meno. Mangala è un super profession­ista: o arriva prima o si ferma dopo l’allenament­o per fare qualcosa in più visto che non gioca tanto. Abbiamo piena fiducia anche se siamo coscienti del valore dell’Atalanta, una squadra che sta facendo benissimo e che ha il miglior attacco della Serie A. Magari qui a Valencia il nome Atalanta non dice tanto ma ci sono io a ricordare ai compagni che questo è un avversario complicato, con una forza offensiva eccezional­e. Dobbiamo cercare di fare un buon risultato a San Siro, un grande stadio che mi piace da morire e che mi offre grandi ricordi».

3Parliamo di razzismo. Esperienza personale?

«Personalme­nte qui in Spagna non ho sofferto nulla, in Italia sì, diversi episodi. Però non si possono trarre conclusion­i definitive: magari qualcuno le dice che qui gli è successo qualcosa e in Italia no».

3Pensieri?

«Allora ero più giovane, oggi se mi dovesse capitare non discuterei con nessuno: esco dal campo e basta. Anche se è una partita di Champions League o una sfida importante di Liga. È il momento di farla finita con i lamenti. Si continua a ripetere che dobbiamo far qualcosa, ma non si fa nulla. Ed è una questione di rispetto per sé stessi, le vittime del razzismo devono rispettars­i. Se sei in uno stadio dove la gente non ti vuole, te ne vai e discorso chiuso. Non giochi e a posto così, che quelli che non ti vogliono vedere giochino tra loro. Queste cose ci sono sempre state e bisogna smettere di lamentarsi. Noi calciatori non siamo le uniche persone vittime dei razzisti, nella vita altri sono trattati molto peggio di noi. Abbiamo una cassa di risonanza, ma nessuno l’ascolta. E allora te ne vai e basta. È semplice».

se viene squalifica­to?

«Una sanzione non è certo la morte. Te la becchi e vai avanti: se c’è un’azione comune poi cosa fanno? Multano o squalifica­no tutti quelli che abbandonan­o il campo? Bisogna agire, le parole non servono. Dobbiamo dimostrare che siamo uomini tra gli uomini, se qualcuno tra i tuoi simili non ti vuole te ne vai. È solo una partita di calcio, non succede niente».

Brozovic è uno degli amici che mi restano del periodo interista. In Italia sono cresciuto tanto

Mi trovavo benissimo con Spalletti, lui voleva che restassi ma avevo preso la decisione

 ?? GETTY ?? Protagonis­ta Geoffrey Kondogbia, 27 anni, all’Inter dal 2015 al 2017
GETTY Protagonis­ta Geoffrey Kondogbia, 27 anni, all’Inter dal 2015 al 2017
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Brozovic
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Spalletti

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