La Gazzetta dello Sport

Prima crono: Binda 1933 Quel primato sul Tour

- di Andrea Schianchi

C’è qualcosa di magico, e perfino di diabolico, in quel tictac che scandisce le emozioni, e le lancette continuano a girare, sempre con il medesimo ritmo, mentre la fatica gonfia i muscoli e il cuore arriva quasi a scoppiare. E’ l’uomo che lotta contro il tempo, contro quel maledetto (o benedetto) cronometro che, alla fine, come il giudice di tribunale ne decreterà l’assoluzion­e o la condanna. L’orologio è il vero protagonis­ta, più ancora degli stessi ciclisti, perché gli occhi degli spettatori guardano quell’aggeggio molto più spesso di stile o potenza. «E’ una corsa a freddo - scriveva Dino Buzzati nel 1949 -, il corridore non può sfidare che se stesso, manca la ruota amica che tiri, manca la provocazio­ne dell’avversario che ecciti, manca la manovra tattica tra i compagni della stessa Casa... Il rivale dei corridori è la lancetta del cronometro che si lascia alla partenza e poi si ritrova all’arrivo: nel frattempo quanto avrà camminato?».

La prima volta che al Giro si disputò una cronometro fu il 22 maggio 1933. Sessantadu­e chilometri, da Bologna a Ferrara. Vinse Alfredo Binda. Orio Vergani, sul Corriere della Sera, descrisse lo stupore degli atleti: «La folla che ha assistito alla gara, distesa quasi ininterrot­tamente ai due lati lungo la via, era la più grande delle tante grandissim­e che abbiamo visto in questo Giro adunarsi per il passaggio dei corridori». Un successo che nemmeno gli organizzat­ori si aspettavan­o, soprattutt­o se rifletteva­no su come ci si era arrivati. L’anno precedente, nel 1932, un certo Maurizio Toccagnini, ciclista dilettante, viveur e amico del direttore della Gazzetta Emilio Colombo, aveva partecipat­o alla cronometro del Grand Prix des Nations, organizzat­o da Gaston Benàc, caporedatt­ore di Paris Soir, ed era rimasto affascinat­o dallo spettacolo del pubblico. Per questo aveva suggerito a Colombo di inserire una tappa anche al Giro, «prima che lo facciano i francesi al Tour, così li freghiamo». Colombo ne parlò con Cougnet, disegnator­e della corsa rosa, e l’impresa andò in porto. I francesi si arrabbiaro­no non poco: sentivano di essere stati derubati di un’idea. Ma le idee, se non si applicano, valgono poco.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy