La Gazzetta dello Sport

Italia-Scozia, calci al Cucchiaio

Alle 15.15 il match-chiave. Piazzati, crampi, drop: quando i piedi fanno la storia

- Di Simone Battaggia

Sono i nostri migliori nemici. Italia e Scozia si ritrovano in fondo alla classifica del Sei Nazioni e, come è successo spesso dal 2000 in poi, la partita ha il sapore dello spareggio per evitare il Cucchiaio di Legno. Non succedeva da un po’, il Cardo negli ultimi anni si è tirato su — due vittorie nel Torneo 2016, tre nel 2017 e 2018, il clamoroso pari in Inghilterr­a del 2019 —, mentre l’Italia, con una striscia aperta di 24 sconfitte di fila, deve risalire proprio alla sfida di Murrayfiel­d del 28 febbraio 2015 per ritrovare un sorriso. Venti i precedenti nel Torneo, con 7 vittorie azzurre: ItaliaScoz­ia è sempre stata la partita della speranza, e così sarà anche oggi, davanti ai 55.000 dell’Olimpico. È una lunga storia di arrivi in volata, di finali punto a punto. E anche di calci, di partite decise da piedi più o meno magici, di pedate che hanno cambiato la storia. Eccone alcune.

Infallibil­e Diego

È il 5 febbraio 2000, Italia-Scozia finisce 34-20. La foto-simbolo della prima partita nel Sei Nazioni è quella di Ciccio de Carli che a 2’ dalla fine sfonda la trincea scozzese. Fu l’unica meta italiana, quel giorno il macinato lo portò a casa Diego Dominguez: cinque calci tra i pali su sei — sbagliò solo il primo, leggerment­e corto — e tre drop per un totale di 29 punti. Nessuno nella storia del Torneo aveva segnato così tanto.

Gelido Pepe

2007, Scozia-Italia 17-37. Forse la partita più memorabile nei 20 anni dell’Italia nel Torneo. Prima vittoria esterna, le tre mete nei primi sette minuti, Troncon col tricorno portato in trionfo a Murrayfiel­d, la «prima» della Gazzetta. Se quel clamoroso avvio (0-21) firmato da Mauro Bergamasco, Scanavacca e Robertson ha tracciato il solco, pochi ricordano quanto fu dura difendere quel vantaggio, con la Scozia risalita fino a 17-24. Furono decisivi due calci di Scanavacca negli ultimi 10 minuti. «Altre Nazionali lì sarebbero crollate, noi no — racconta oggi “Pepe” —. Ricordo la differenza tra il primo calcio e il secondo. Il primo era più facile, da 15 metri, ma sentivo una pressione enorme. “Andrea, questo non lo puoi sbagliare” scandii nella mia mente. Nel secondo caso mi sentii più libero. Comunque la partita sembrava non finire mai». Ma il 2007 è stato anche l’anno del calcio (sbagliato) più impattante nella storia del rugby italiano, il piazzato sbagliato da Bortolussi a St. Etienne al 77’ della sfida decisiva per l’accesso ai quarti del Mondiale, con la Scozia avanti 18-16.

Il drop di Marcato

È il 2008, si gioca ancora al Flaminio. Siamo allo scadere, il solito Paterson ha appena dato il 20-20 alla Scozia ma gli azzurri tornano dentro i 22. Perugini, Bortolami e gli avanti guidano l’ultimo assalto, Parisse prova a impostare il maul ma non si sfonda, e allora ci pensa Andrea Marcato: dai 22 il padovano infila il drop della vittoria. «Non ho ricordi — spiega il padovano, oggi tecnico del Petrarca —, per ricostruir­e ciò che era successo ho dovuto rivedere il video nei giorni successivi. Sicurament­e non ho chiamato quel drop, anzi credo che se l’avessi fatto l’avrei sbagliato. Non ci fu una strategia, noi volevamo conquistar­e una punizione con gli avanti, oltretutto fuori il primo ricevitore era Mirco Bergamasco, non io. Se riguardate l’azione, prima di passarmi il pallone al largo Travagli si gira verso il lato chiuso. Per fortuna è andata bene». Dieci anni più tardi, ma all’Olimpico, si vivrà la situazione opposta: Italia sotto 27-29 allo scadere, tutto si prepara per un drop di Allan che non arriverà mai: nella fase di risalita del campo, Steyn commette un in avanti.

Il crampo di Horne

Il 19-22 del 2015, ultima vittoria azzurra nel Sei Nazioni, vive di due mete memorabili: la prima di Venditti, che va a «rimbalzo» su un calcio di Haimona finito sul palo; la seconda allo scadere, la «tecnica» sulla spinta degli avanti. Quell’ultimo assalto però non ci sarebbe stato se poco il fulmine del destino non avesse colpito Pete Horne. È il 76°, la Scozia è avanti 19-15, l’Italia ha una mischia a 5 metri dalla meta ma Clancy fischia contro la prima linea azzurra. Gli scozzesi esultano: per vincere basterà calciare fuori, conquistar­e la touche su proprio lancio, blindare il possesso. Horne però si accascia, vittima di un crampo al polpaccio sinistro. La traiettori­a è sbilenca, la palla resta in campo, McLean la raccoglie e così l’Italia ha l’ultima chance. Quella della vittoria.

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GETTY Dieci Andrea Marcato, 36 anni, 16 caps (2006-2009) con 75 punti: qui il drop decisivo alla Scozia nel Torneo 2008

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