Pista, l’Italia è tornata al tavolo delle grandi
Dopo quattro anni la pista italiana è tornata e si può nuovamente sedere, con ambizioni, al tavolo delle grandi potenze: con prestazioni sontuose, tutti e due i quartetti centrano la qualificazione olimpica. Lo eravamo, eccome, una potenza. Senza scomodare Maspes e Gaiardoni, Messina, Beghetto e Bianchetto, ricordiamo i tempi moderni. Nel 1996, campioni del mondo del quartetto con il c.t. Sandro Callari in 4’00”958, ori olimpici ad Atlanta 1996 con Silvio Martinello, Andrea Collinelli e Antonella Bellutti. Nel 2000, ancora oro olimpico a Sydney per la Bellutti. Poi il buio. E siccome la pista è questione di numeri, e le cifre pesano, ecco alcuni esempi. Nel 2009, il quartetto maschile girava a 4’19” e schierava un giovanissimo ventenne, Elia Viviani; nel 2016, le ragazze hanno centrato una storica qualificazione all’Olimpiade di Rio con tempi intorno ai 4’27”, e delle quattro è rimasta solo Elisa Balsamo, che aveva 17 anni. Guardate allora i tempi segnati ieri dagli azzurri nella prima giornata dei Mondiali a Berlino: Filippo Ganna ha tirato il quartetto a 3’46”513, seconda miglior prestazione mondiale (e record italiano migliorato di tre secondi); le ragazze, con Letizia Paternoster stellare, hanno abbassato il primato nazionale a 4’15”255 (mezzo secondo), e in più il quartetto titolare (con la Guazzini) ha un’età media di 20,9 anni. In undici anni, gli uomini hanno guadagnato 33”, due giri e mezzo di pista; in un ciclo olimpico, le ragazze sono migliorate di 12”, poco meno di un giro. Gli ingredienti di base, sui quali si sono innestati i programmi di preparazione? La nascita del velodromo di Montichiari, il traino di Elia Viviani, due personaggi come Ganna e Paternoster, social e maledettamente veloci, e una generazione molto talentuosa. Da coordinatore delle Nazionali, Davide Cassani ha messo al centro del progetto due tecnici silenziosi come Villa e Salvoldi, che amano il proprio lavoro più di tutto, e soprattutto i rapporti con le società, sempre restie a concedere gli atleti. L’esempio di Viviani è stato contagioso. Cassani: «Elia è l’esempio vincente di chi è cresciuto in pista ed è diventato campione anche su strada. Se non hai un esempio, puoi parlare quanto vuoi alla gente, ma non sei credibile. Lo stesso vale per Paternoster: se vai forte su pista, hai una possibilità olimpica, hai un futuro e vai forte anche su strada». A differenza di Danimarca, Australia o Gran Bretagna, focalizzate solo sugli specialisti della pista, l’Italia schiera quartetti con stradisti. Eredità della nostra storia, dove Coppi è stato due volte iridato dell’inseguimento e primatista dell’Ora, così come Moser, formidabile cronoman, che ha ridisegnato la storia dell’Ora. Sì, il futuro può tornare nostro.