Miha, è il derby del cuore Dopo l’abbraccio dei 40.000 dell’Olimpico Sinisa cercherà l’impresa
Le vittorie, le parole e il tifo laziale del tecnico serbo Un girone fa le due tifoserie unite per lui al santuario
Acentoventitré giorni dal trapianto di midollo osseo (29 ottobre 2019), per la sua sedicesima panchina stagionale e dopo aver passato la serata di ieri in ritiro con la sua squadra assaporando un ritorno sempre più concreto verso la normalità, oggi Sinisa Mihajlovic vivrà il suo derby del cuore: in mezzo a 40.000 battiti che lo saluteranno e applaudiranno, alzandosi in piedi come in un grande abbraccio. Sinisa torna all’Olimpico, tre settimane dopo aver “piallato” la Roma e recuperando uomini e convinzioni da mettere nel frullatore laziale che lo accoglierà alle 15, una reunion inimitabile da frastuono emotivo.
Manca la panca...
Sinisa Mihajlovic ha raggiunto ieri la capitale con un’auto privata: la sua casa è ad appena due chilometri dall’Olimpico (zona Fleming, dove è transitata molta storia laziale), ma fino a domani sera la città resterà sullo sfondo: prima c’è il Bologna. Che è la sua squadra, quella della sua città adottiva, che gli conferirà fra poco la cittadinanza onoraria «perché mi sento figlio di Bologna». Il cuore diviso: a Roma vive, la Lazio lo ha portato a vincere moltissimo facendolo diventare tifoso «perché sono laziale, non l’ho mai nascosto, ma sono un professionista e cerco sempre di fare il massimo per la società in cui lavoro». Professionalità e nessun sotterfugio. Come quando un’estate fa disse: «...Ma alla Lazio non mi hanno mai cercato, non so perché, andrebbe chiesto alla società...».
In biancoceleste
Sinisa arriva alla Lazio nel 1998 (per 6 anni), dopo aver vinto la Coppa dei Campioni (e quella Intercontinentale) con la Stella Rossa, aver vissuto la Roma e la Samp. Cragnotti lo acquista per circa 22 miliardi di lire, lui si mette la maglia numero 11 e inizia a vincere: Supercoppa Italiana (2 volte), Coppa delle Coppe, Supercoppa Europea, scudetto e Coppa Italia (in due occasioni). Sinisa diventa molto laziale, «per quello che ho vinto e per quello che mi hanno dato i tifosi della Lazio»; ma poi sa diventare molto bolognese, quando lì che comincia la sua carriera da allenatore in A ed è lì che, tornando 10 anni dopo, centra una salvezza miracolosa: prendendosi il punto decisivo proprio all’Olimpico e contro la Lazio il 20 maggio scorso con un 3-3 piovoso, intenso e spettacolare. Anche allora avvenne qualcosa di speciale: uno stadio tutto... per uno, come sarà oggi. Anche se oggi avrà un altro sapore. Più denso, intenso.
Cuore andata-ritorno
Perché da quel 13 luglio in cui Sinisa annuncia urbi et orbi la sua lotta contro la leucemia, tutto sembra abbracciarlo ancora più forte: Bologna porta un migliaio di persone a fare un pellegrinaggio al santuario di San Luca. Gesto che si ripete il 6 ottobre con i tifosi di Lazio e Bologna gemellati in camminata per lui. Quel giorno, Miha riceve esce dal Sant’Orsola la mattina e poi va in panchina: poco prima che inizi la gara (2-2), Mihajlovic si gira e si batte la mano sul petto verso la curva Bulgarelli e poi oltrepassa le due aree tecniche del campo incamminandosi verso lo spicchio dell’altra curva occupata dai laziali. E si batte ancora la mano sul petto. Standing ovation. Oggi, ore 15, i bolognesi saranno circa 150 e i laziali 40.000: ma il cuore non fa il ragioniere. Batte.
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