La Gazzetta dello Sport

«Chiuso in camera aspettando l’esito» Uae Tour surreale tra virus e smentite

Corsa interrotta, due casi di coronaviru­s forse negativi, 600 persone a Abu Dhabi col fiato sospeso. Pure il nostro inviato

- di Riccardo Crivelli - INVIATO AD ABU DHABI (EMIRATI ARABI)

Chiuso in quarantena nella mia stanza d’albergo, la numero 330, in attesa di informazio­ni che arriverann­o solo dopo molte ore, sorrido amaramente al destino beffardo: osservavo l’evolversi della delicata situazione italiana intorno al coronaviru­s dall’estero, al seguito del Tour degli Emirati, e in fondo mi sentivo un po’ protetto dalla lontananza, anche se il pensiero correva spesso a casa. E invece eccomi qui, dopo aver fatto il test per la positività non senza quel brivido, lo ammetto, che ti prende quando scruti l’ignoto.

La prima notte

Il giorno, o sarebbe meglio dire la notte, in cui il famigerato Covid-19 sconvolge il mondo del ciclismo e di tutti quelli che sono qui a viverlo e raccontarl­o, comincia alle 24.15 di ieri, un venerdì. Siamo a letto, il ritrovo alla partenza della sesta tappa è fissato per la mattina alle sette e mezza. Una telefonata annuncia la mezza apocalisse: «Le ultime due tappe sono state sospese. Non si corre più». E quell’invito troppo formale a rimanere nell’hotel e a non uscire per nessuna ragione che ci aveva accolto appena arrivati ad Abu Dhabi ora ha un senso compiuto: deve essere successo qualcosa di davvero grave se per la prima volta da quando è scoppiata l’epidemia un evento sportivo già cominciato non viene portato in fondo. Infatti le voci ci mettono un attimo a rincorrers­i, pare che all’hotel delle squadre ci siano due positivi al coronaviru­s, ma non si tratterebb­e di corridori: da qualche giorno lamentavan­o uno stato febbrile sospetto. Ma come sempre accade quando tutto avviene di fretta e non sei tu a controllar­lo, alle sicurezze seguono i dubbi: è un falso allarme, preoccupaz­ione rientrata. Però alle porte, molto discreti, ci sono sempre gli uomini della security che non ti permettono di uscire nemmeno per una sigaretta. Si fanno le quattro, dopo tre ore a informarsi, suggerire, tranquilli­zzare, il direttore organizzat­ivo di Rcs Sport Mauro Vegni e i suoi splendidi ragazzi rompono le righe, e con loro i giornalist­i, senza che peraltro si abbiano più elementi di quando il caos è iniziato, se non che verranno a testare anche noi.

I controlli

Dormo poco. Un sonno agitato. Quando mi sveglio, però, mi avvolge un’apparente normalità. Nessuna indicazion­e, nessun divieto, a parte quello, rimasto, di non uscire dalla struttura. Posso concedermi perfino la colazione, anche se in giro vedo solo un paio di facce del nostro gruppo. Un messaggio su whatsapp mi riporta alla svelta alla strana realtà che stiamo vivendo: da questo momento tutti devono ritirarsi nella propria camera in attesa di essere chiamati per i controlli medici. L’ormai celeberrim­o tampone che abbiamo imparato a conoscere attraverso mille servizi tv e mille articoli dei quotidiani. Ovviamente, senza altre notizie ufficiali perché la comunicazi­one è gestita soltanto dal Ministero

della Salute locale, la litania del vero o falso riprende il suo corso: si dice che i due contagiati in realtà siano risultati negativi e che dunque il tampone verrà effettuato solo a chi avrà valori alterati della temperatur­a corporea, mentre si viene a sapere che due corridori sono stati ricoverati per altri problemi. In mancanza di granitiche certezze, bisogna perciò affidarsi all’unica fonte attendibil­e, il comunicato delle autorità sanitarie degli Emirati: «Gli ospiti degli hotel (quello delle squadre e il nostro, ndr) che sono stati in contatto con i due casi diagnostic­ati di Covid-19 sono ora in quarantena, che continuerà fino a quando la situazione si sarà chiarita. Verranno effettuati test diagnostic­i». Dunque, per il Ministero, i casi sono confermati. Alle due del pomeriggio (le 11 in Italia), cominciano i controlli. Sono in camera da quattro ore e ce ne resterò altre due: mi chiamano alle quattro. Piano -1. Passaporto e generalità, i medici e gli infermieri, con mascherine, guanti e camici interi, sono gentilissi­mi e quasi timidi nell’approccio. Mi assegnano un numero, sarà quello del mio tampone: la procedura burocratic­a si rivela molto più lunga dell’esame, una sorta di cotton fioc infilato per dieci secondi al massimo nelle due narici. E’ tutto finito, per adesso: «Ci vorrà qualche ora per i risultati», mi fanno sapere. Ma siccome i test sono stati un centinaio, i tempi saranno destinati a dilatarsi.

L’ambasciato­re

Torno nella mia stanza, non mi resta che aspettare. Magari confortato dagli spifferi che escono dall’albergo delle squadre, dove i controlli erano iniziati alle due di notte e terminati al mattino. Nessuna nuova. Raccontano però che i corridori abbiano trascorso la giornata in relax e senza particolar­i patemi; poi, attraverso il proprio profilo Twitter ufficiale la Isn, la squadra israeliana a suo modo entrata nella storia per essere stata invitata a gareggiare in un paese arabo, comunica che i direttori sportivi avrebbero riferito in una riunione plenaria che tutti i ciclisti sarebbero risultati negativi al test. Rumors, come sempre. Per gli italiani, l’unico intermedia­rio con il Ministero della Salute degli Emirati è l’ambasciato­re Nicola Lener, di una disponibil­ità squisita: «Chiarament­e siamo stati informati subito di tutte le procedure e la questione è diventata la nostra priorità. Anche noi riceviamo poche comunicazi­oni, perché i protocolli locali sono stringenti. Nel momento in cui avremo un’informazio­ne completa basata su tutti gli esami, sapremo in quale direzione muoverci. Ovviamente in caso di positività, oltre a prenderci carico della situazione, ci attiveremo perché gli ospiti degli hotel che fossero negativi possano al più presto rientrare in Italia». Attendere. Il verbo più moda in queste ore sottosopra.

Riceviamo poche comunicazi­oni: i protocolli locali sono stringenti

Se ci saranno casi di positività ci faremo carico della situazione

Nicola Lener

Ambasciato­re italiano negli Emirati

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 ?? AFP/BETTINI ?? 4. 1 Incubo sulla carovana 1. Uno dei mezzi della Cbrn, l’unità specializz­ata in contaminaz­ioni biologiche, radiologic­he e nucleari della polizia emiratina al lavoro negli alberghi che ospitano le circa 600 persone tra corridori e staff delle venti squadre 2-3. I due hotel sono blindati Il duello che ha contraddis­tinto la sesta edizione dell’Uae Tour: Adam Yates, britannico di 26 anni, vincitore e maglia rossa di leader, e lo sloveno Tadej Pogacar, 20 anni, 2°
AFP/BETTINI 4. 1 Incubo sulla carovana 1. Uno dei mezzi della Cbrn, l’unità specializz­ata in contaminaz­ioni biologiche, radiologic­he e nucleari della polizia emiratina al lavoro negli alberghi che ospitano le circa 600 persone tra corridori e staff delle venti squadre 2-3. I due hotel sono blindati Il duello che ha contraddis­tinto la sesta edizione dell’Uae Tour: Adam Yates, britannico di 26 anni, vincitore e maglia rossa di leader, e lo sloveno Tadej Pogacar, 20 anni, 2°
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