#MeToo in Belgio: «Primo massaggio, oltre le mie gambe»
Era il mio primo massaggio con lui. Mi è salito lungo le gambe, molto in alto, e ha passato il suo dito sul mio sesso. Portavo una culotte, non era sulla mia pelle, ma mi è sembrata una pratica strana». Questa testimonianza di una ciclista canadese, che aveva 18 anni, riporta in primo piano il #MeToo nel ciclismo. Il quotidiano Le Monde ha rivelato che è stata aperta una nuova inchiesta dalla Commissione etica Uci: ieri il presidente Lappartient, a margine dei Mondiali su pista di Berlino, ce l’ha confermato: «Siamo alla raccolta dei documenti. La Commissione etica deciderà poi se passare le carte alla Disciplinare». A finire sotto la lente l’ingrandimento una squadra belga di seconda fascia. I fatti cominciano nell’aprile 2017 quando si chiamava LaresWaowdeals (ora Doltcini-Van Eyck). Un’altra ciclista ha segnalato che il manager della squadra, prima di ingaggiarla, le aveva chiesto di mandarle foto in «culotte e reggiseno». Da Le Monde viene riportato un messaggio: «Mandami una foto in bikini. Non essere timida. Questo è l’inizio di una relazione di confidenza». Il manager ha fatto sapere che «l’85% delle ragazze è felice di lavorare con me, il resto è deluso. Tratto tutte con rispetto». Di #MeToo nel ciclismo si sente parlare da un po’. Quattordici pro’ (10 anonime) avevano denunciato abusi verbali e molestie fisiche da Van Gamsen, team manager della belga Health Mate. L’estate scorsa il tema era stato legato pure alla nostra Nazionale femminile: era arrivato alle Procure Coni e Fci, che avevano archiviato. Ancora Lappartient: «Prendiamo seriamente il tema abusi e molestie. Ne ho parlato la scorsa settimana col presidente della Commissione etica chiedendoci “che cosa possiamo fare di più”? Servono nuove linee guida chiare e stringenti per i team su come comportarsi, su cosa fare e non fare. Dobbiamo rinforzare il sistema che permette agli atleti di denunciare».