E l’Italia scopre lo smart working «Solo vantaggi»
Nei pubblici uffici diventa obbligo Il sociologo De Masi non ha dubbi: «È il futuro, così si produce di più»
Eadesso ne parlano tutti, a svolgerlo sono quasi 600 mila lavoratori in tutta Italia, un numero destinato a crescere. Smart working, telelavoro, attività senza un tempo fisso e uno spazio esclusivo, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Non è più un esperimento, ma un sistema di lavoro con un quadro legale di riferimento (Legge n. 81/2017) e non più relegato nella semiclandestinità. Una circolare emanata ieri dal ministro per la Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, lo incentiva e lo rende perfino obbligatorio negli uffici pubblici. «Ci voleva il coronavirus per imparare la lezione e per capirne i vantaggi», spiega il sociologo del lavoro Domenico De Masi, 82 anni, professore all’Università La Sapienza di Roma, primo a credere in Italia alle potenzialità del nuovo metodo. Nel 1993, 27 anni fa, ha fondato la Società Italiana Telelavoro, senza scopo di lucro: «Eppure in tutti questi anni c’è stata una lentezza vergognosa nel Paese nell’adottare il lavoro agile. E pensare che presenta solo vantaggi e non costa niente: il futuro va verso questa direzione, in coincidenza con l’uso della tecnologia ormai a portata di tutti».
Risparmio e ecologia
Perché ai tempi dell’epidemia lo Smart working è la soluzione per fronteggiare l’emergenza e non frenare la produttività delle aziende: «Già in un contesto normale permette di liberare le potenzialità dei lavoratori con vantaggi chiari: risparmio di tempo e soldi per raggiungere il posto di lavoro, risparmio del pericolo di incidenti lungo il percorso, più tempo per se stessi, per la famiglia e per gli amici, zero costi sull’alimentazione. Un sistema che