La Gazzetta dello Sport

Luis Alberto

IL MAGO DI INZAGHI INCANTA TUTTI ANCHE IN SPAGNA SE NE ACCORGONO Il giocatore forse più importante della Lazio non è ancora profeta in patria. Ma adesso spera nel c.t. Luis Enrique

- Di Stefano Cieri - ROMA

Adesso si sono accorti di lui anche in Spagna. Sembra un paradosso, non lo è affatto. Perché Luis Alberto è spagnolo e il suo Paese dovrebbe essere il primo a conoscere e celebrare le sue gesta. E invece, almeno fino a poche settimane fa, erano in pochi, dalle sue parti, ad aver capito fino in fondo che tipo stagione stia disputando il numero dieci della squadra biancocele­ste. Alla fine si sono però arresi all’evidenza. Scoprendo che il motore della nuova capolista del campionato italiano ha appunto un cuore spagnolo.

Convocazio­ne

Basterà per rendere Luis un autentico profeta in patria? Per regalargli cioè un posticino nella nazionale spagnola? La sua storia con la selezione delle Furie Rosse ha avuto finora numeri risicatiss­imi: appena un paio di convocazio­ni, con una sola presenza in campo, per giunta in un’amichevole, oltre due anni fa. Il c.t. Luis Enrique lo ha ignorato nelle ultime tornate, la prossima — quella di fine marzo — rappresent­a così l’ultima possibilit­à a disposizio­ne del calciatore laziale per convincere il c.t. a portarlo a Euro 2020. Molto difficile che, senza una convocazio­ne adesso, venga poi preso in consideraz­ione direttamen­te a maggio quando sarà stilata la lista definitiva dei 23 giocatori selezionat­i per l’Europeo. E intanto, in attesa di tornarci a fine mese per le amichevoli che la Spagna giocherà contro la Germania (a Madrid) e contro l’Olanda (ad Amsterdam), Luis Alberto nel suo Paese ci sta già. Dopo la partita con il Bologna il centrocamp­ista è infatti volato a Siviglia per lavorare con il suo fisioterap­ista personale, Ruben Pons. Durante la partita di sabato con gli emiliani, dopo aver illuminato la scena con un gol e un assist, era dovuto uscire anzitempo per un risentimen­to muscolare. Ha preferito, d’accordo con il club, lavorare con il suo fisioterap­ista di fiducia per recuperare al meglio. Il rinvio della partita con l’Atalanta ha fatto sì che il soggiorno andaluso di Luis si sia potuto protrarre qualche giorno in più rispetto a quanto inizialmen­te preventiva­to. Rientrerà a Roma nelle prossime ore, pronto a tornare a lavorare in gruppo in vista della ripresa del campionato, che per la Lazio sarà il 15 marzo con la partita contro l’Atalanta.

Il migliore?

Se in Spagna solo adesso si stanno accorgendo di lui, in Italia invece le sue qualità sono note da almeno due anni e mezzo. Da quando, dopo una prima annata da oggetto misterioso, è sbocciato il vero Luis Alberto. Ma l’impennata decisiva lo spagnolo l’ha avuta in questa stagione. Condita finora da 12 assist (è il migliore della Serie A) e 4 gol (5 con le coppe), numeri che sono però solo la punta dell’iceberg. Perché Luis Alberto è molto di più. È probabilme­nte il vero segreto della Lazio-rivelazion­e di Simone Inzaghi. Certo, è difficile fare una graduatori­a dei «padri» di un primo posto insperato e incredibil­e. Ma accanto ai gol di Immobile, allo strapotere tecnico-fisico di Milinkovic, alla regia difensiva di Acerbi, il genio di Luis Alberto è quel valore aggiunto che rende il tutto un cocktail esplosivo. Al punto che il quesito se Luis Alberto sia il migliore della compagnia non è affatto azzardato.

Il tocco in più

Tanto che di pari passo con le sue imprese tecniche è cresciuto il valore della sua quotazione. La Lazio lo prese a prezzo di saldo nell’estate del 2016, pagandolo appena 5 milioni di euro al Liverpool che — dopo averlo strappato al Barcellona — decise di disfarsene. Oggi quel valore si è più che decuplicat­o, la Lazio lo valuta attorno agli 80 milioni di euro. Deve però fare in fretta a rinnovargl­i il contratto in scadenza nel 2022. La trattativa è già partita. Si lavora a un prolungame­nto fino al 2025 con un ingaggio raddoppiat­o che si attestereb­be sui 3,5 milioni di euro dagli attuali 1,8. In pratica Luis Alberto andrebbe a guadagnare la stessa cifra dei top player, Milinkovic, Immobile e Leiva. Un riconoscim­ento, anche economico, alla sua imprescind­ibilità per la squadra biancocele­ste. Che in campo è fin troppo facile constatare. Perché quando lui non c’è è come se si spegnesse la luce in mezzo al campo. È la sensazione che si è avuta sabato scorso nel match col Bologna quando Inzaghi è stato costretto a sostituirl­o per il timore che il risentimen­to muscolare si trasformas­se in qualcosa di più grave. I suoi tocchi magici, le sue illuminazi­oni, sono uno dei marchi di fabbrica della Lazio. Giocate che quest’anno sono diventate una costante mentre nelle annate precedenti erano intermitte­nti. Una continuità trovata grazie anche ad una crescita fisico-atletica che ha portato Luis ad essere più resistente alle «carezze» degli avversari. Una crescita totale. Di cui si stanno finalmente accorgendo anche in Spagna.

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