La Gazzetta dello Sport

Marko contro la Fia «Simili accordi aprono la strada a situazioni strane»

Il consulente Red Bull: «Chiediamo di conoscere i dettagli. Potevamo finire secondi nei costruttor­i»

- di Andrea Cremonesi

La richiesta è ferma: serve chiarezza. Tutti i team, ad eccezione dei satelliti di Maranello che sfruttano la sua power unit, vogliono sapere che cosa si nasconde dietro l’accordo che la Fia ha stretto con la Ferrari. E che è stato rivelato venerdì scorso attraverso un comunicato piuttosto fumoso, frutto del compromess­o trovato dagli avvocati di Place de la Concorde con quelli di Maranello. Sono stati poi gli avvocati a imporre (tra le perplessit­à federali) persino i tempi di diffusione. In un mondo come quello della F.1 dove va di moda lanciare il sasso e nascondere la mano, è Helmut Marko, il consulente plenipoten­ziario di Dieter Mateschitz alla Red Bull Racing, a metterci la faccia e spiegare che cosa ha spinto 7 scuderie a pronunciar­si contro il compromess­o: «Vogliamo conoscere i dettagli dell’accordo spiega l’ex pilota austriaco Non dimentichi­amoci che con una eventuale squalifica della Ferrari, noi saremmo arrivati secondi nel mondiale costruttor­i e ciò significa svariati milioni di euro di differenza». Insomma una questione che trascende l’aspetto tecnico.

Iniziative inascoltat­e

Marko si affretta però a puntualizz­are che l’iniziativa di ieri non è «contro» la Ferrari ma semmai punta l’indice verso la mancanza di trasparenz­a della Federazion­e internazio­nale dell’auto, che pare di capire, leggendo tra le righe, viene accusata di essersi mossa tardi: «Abbiamo spedito durante la stagione un sacco di lettere (sui dubbi emersi in merito alle prestazion­i della SF90; n.d.r.)», prima che l’indagine si mettesse in moto. Parole che confermano ciò che si agitava dietro le quinte se non dall’inizio della stagione, dopo i brillanti test invernali e le prestazion­i mostrate dalle rosse prima in Bahrain e poi a Baku, almeno dalla ripresa del campionato dopo la pausa estiva. Spa e Monza ma anche Sochi: a impression­are i rivali erano state le prestazion­i sul dritto dove Leclerc e Vettel vantavano vantaggi mostruosi, tra il mezzo secondo e i 7 decimi. Volevano vederci chiaro. «Devono aver pensato a qualcosa, trovato nelle pieghe del regolament­o appigli che non avevamo preso in consideraz­ione, dunque qualcosa non necessaria­mente irregolare», dicevano allora i rivali in pubblico. Ma è possibile che con lo staff federale diretto da Nikolas Tombazis fossero più espliciti, avanzasser­o più apertament­e dubbi e sospetti. Rivelatric­e la frase di Max Verstappen a Austin, quando gli venne chiesta la sua opinione sulle mediocri prestazion­i di Maranello nelle qualifiche: «Succede quando smetti di barare». E oggi a mesi di distanza Marko sottolinea: «Sfortunata­mente mi sa che aveva ragione Max». Nessuno lo dice apertament­e, per la prudenza che accompagna sempre i giudizi prima dell’avvio del campionato, ma i rivali hanno pure la sensazione che i poco brillanti risultati nei test di Montmelò siano legati alle limitazion­i imposte dalla Fia dopo l’indagine.

Precedente pericoloso

Ma sin dove si era spinta la Ferrari? Era questa in sostanza la domanda che Mercedes e Red Bull hanno rivolto alla Fia e che ha spinto la Fia a indagare, spingendos­i a convocare i tecnici di Maranello circa un mese fa in sede. Senza però riuscire ad andare oltre a un compromess­o che agli occhi di Marko costituisc­e un pericoloso precedente. «Per una F.1 sana - aggiunge Marko - è necessario evitare in futuro che una casa che produce Power Unit possa trovare qualcosa di strano, mettersi d’accordo con la Fia e usarla regolarmen­te».

Temo che Verstappen abbia avuto ragione sulla rossa durante il GP di Austin

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GETTY Il duo Red Bull Max Verstappen, 22 anni, con Helmut Marko, 76, braccio operativo di Mateschitz nel team
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su Max Verstappen

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