Marko contro la Fia «Simili accordi aprono la strada a situazioni strane»
Il consulente Red Bull: «Chiediamo di conoscere i dettagli. Potevamo finire secondi nei costruttori»
La richiesta è ferma: serve chiarezza. Tutti i team, ad eccezione dei satelliti di Maranello che sfruttano la sua power unit, vogliono sapere che cosa si nasconde dietro l’accordo che la Fia ha stretto con la Ferrari. E che è stato rivelato venerdì scorso attraverso un comunicato piuttosto fumoso, frutto del compromesso trovato dagli avvocati di Place de la Concorde con quelli di Maranello. Sono stati poi gli avvocati a imporre (tra le perplessità federali) persino i tempi di diffusione. In un mondo come quello della F.1 dove va di moda lanciare il sasso e nascondere la mano, è Helmut Marko, il consulente plenipotenziario di Dieter Mateschitz alla Red Bull Racing, a metterci la faccia e spiegare che cosa ha spinto 7 scuderie a pronunciarsi contro il compromesso: «Vogliamo conoscere i dettagli dell’accordo spiega l’ex pilota austriaco Non dimentichiamoci che con una eventuale squalifica della Ferrari, noi saremmo arrivati secondi nel mondiale costruttori e ciò significa svariati milioni di euro di differenza». Insomma una questione che trascende l’aspetto tecnico.
Iniziative inascoltate
Marko si affretta però a puntualizzare che l’iniziativa di ieri non è «contro» la Ferrari ma semmai punta l’indice verso la mancanza di trasparenza della Federazione internazionale dell’auto, che pare di capire, leggendo tra le righe, viene accusata di essersi mossa tardi: «Abbiamo spedito durante la stagione un sacco di lettere (sui dubbi emersi in merito alle prestazioni della SF90; n.d.r.)», prima che l’indagine si mettesse in moto. Parole che confermano ciò che si agitava dietro le quinte se non dall’inizio della stagione, dopo i brillanti test invernali e le prestazioni mostrate dalle rosse prima in Bahrain e poi a Baku, almeno dalla ripresa del campionato dopo la pausa estiva. Spa e Monza ma anche Sochi: a impressionare i rivali erano state le prestazioni sul dritto dove Leclerc e Vettel vantavano vantaggi mostruosi, tra il mezzo secondo e i 7 decimi. Volevano vederci chiaro. «Devono aver pensato a qualcosa, trovato nelle pieghe del regolamento appigli che non avevamo preso in considerazione, dunque qualcosa non necessariamente irregolare», dicevano allora i rivali in pubblico. Ma è possibile che con lo staff federale diretto da Nikolas Tombazis fossero più espliciti, avanzassero più apertamente dubbi e sospetti. Rivelatrice la frase di Max Verstappen a Austin, quando gli venne chiesta la sua opinione sulle mediocri prestazioni di Maranello nelle qualifiche: «Succede quando smetti di barare». E oggi a mesi di distanza Marko sottolinea: «Sfortunatamente mi sa che aveva ragione Max». Nessuno lo dice apertamente, per la prudenza che accompagna sempre i giudizi prima dell’avvio del campionato, ma i rivali hanno pure la sensazione che i poco brillanti risultati nei test di Montmelò siano legati alle limitazioni imposte dalla Fia dopo l’indagine.
Precedente pericoloso
Ma sin dove si era spinta la Ferrari? Era questa in sostanza la domanda che Mercedes e Red Bull hanno rivolto alla Fia e che ha spinto la Fia a indagare, spingendosi a convocare i tecnici di Maranello circa un mese fa in sede. Senza però riuscire ad andare oltre a un compromesso che agli occhi di Marko costituisce un pericoloso precedente. «Per una F.1 sana - aggiunge Marko - è necessario evitare in futuro che una casa che produce Power Unit possa trovare qualcosa di strano, mettersi d’accordo con la Fia e usarla regolarmente».
Temo che Verstappen abbia avuto ragione sulla rossa durante il GP di Austin