ATTENZIONE, NON BISOGNA ESAGERARE
Milan a porte aperte, forse troppo. Anche per Ibra. Una stagione tutto sommato anonima va in dissolvenza...
Milan a porte aperte, forse troppo. Anche per Ibra. Una stagione tutto sommato anonima va in dissolvenza, il quadro si delinea: Zvone Boban è ormai agli sgoccioli della sua ricomparsa come plenipotenziario. Paolo Maldini è nel guado, o forse anche nel guano: deve decidere se accettare o no le condizioni e i diktat impartiti dal Fondo Elliott attraverso l’amministratore delegato Ivan, ribattezzato dagli oppositori Iban, Gazidis. Stefano Pioli è in stand-by, costretto dagli scontri di vertice alla quarantena in panchina, ma sa stare al mondo e ha già capito l’aria che tira, anche se stavolta non farà sconti su dimissioni e buonuscita. L’uomo nuovo è Ralf Rangnick, 61 anni, ammiratore di Arrigo Sacchi fin quasi all’idolatria. Nessuno lo dice, ma appare evidente che il Ralf di Germania ha già concordato le linee guida della ricostruzione rossonera. Ricostruzione… dov’è che abbiamo già sentito lo slogan? E soprattutto quando: uno, due o tre anni fa? Comunque sia, si farà largo ai giovani con tanto di tetto agli stipendi: tutte mosse virtuose, almeno secondo il manuale del bravo manager. Avanti così, però, presi dallo zelo da innovatori, si corre il pericolo di travolgere tutto e tutti senza distinzioni, anche chi ha contribuito a tenere su l’attuale Milan dal passo
incerto e ha riportato entusiasmo a San Siro, cioè
Zlatan Ibrahimovic. Già, anche lui rischia di finire fuori dal progetto dell’integralista Rangnick.
Gli sponsor dell’operazione «Ibra-2 la riscossa» sono Boban e Maldini. Gazidis ha avallato il colpo senza troppa convinzione, salvo poi sperimentare di persona quanto si riveli utile l’apporto ad ampio spettro dello svedese. E così Gazidis ha pian piano diradato il suo scetticismo, sino ad apprezzare in pieno la carica di Zlatan. Per tentare di dare slancio all’ennesima ripartenza, in ogni caso l’ad dovrà andare all’unisono con il Professor RR, che non vede di buon occhio i califfi. Non sarà perciò automatico il rinnovo per Ibra, comunque soltanto una parte della questione. Al momento prosegue la navigazione a vista: nessuno, da Gigio Donnarumma a Theo Hernandez, ha la certezza assoluta di rimanere.
Il Milan potrebbe affrontare un altro profondo restyling: sarà agitato, non mescolato, come il cocktail a base di Martini di James Bond. Ma non ci vuole lo 007 più famoso del mondo per intuire che si andrà incontro a un’altra annata senza infamia e senza lode. All’orizzonte c’è un ribaltone, diventato un rito tradizionale come il cenone di Natale dei giocatori: l’effetto tela di Penelope è garantito. Ci sarebbe anche da tenere conto, come a ragione ribadisce Gazidis, di una tifoseria che, dopo gli splendori e il tramonto del Silvio Berlusconi calcistico, si è rassegnata ai cambi di società e di panchina, una volta eventi più unici che rari. Viste le circostanze, e le sostanze non più abbondanti, sarà magari più prudente gettare tutte le maschere, anche a coronavirus debellato, senza sbandierare chissà quali obiettivi: dai newyorkesi Singer padre e figlio a Rangnick, tutti preparino la piazza a periodi, a essere benevoli, di transizione. Senza per forza voltarsi sempre indietro a rimirare le sette Coppe dei Campioni, senza abituarsi a correre con lo sguardo fisso sullo specchietto retrovisore. La giostra continua, da Via Aldo Rossi a Milanello: tenetevi forte. E attenti al capogiro.