STOP ANCHE AI CAMPIONATI STATALI
Da mercenario a supereroe Neymar adesso esalta Parigi Due stagioni disastrose, l’odio dei tifosi, la voglia d’addio... Il brasiliano ha ribaltato tutto a suon di gol e messaggi social
LA GUIDA
28 anni, è cresciuto nel Santos dove ha vinto una Libertadores, 3 campionati paulista e una coppa Brasile. Al Barcellona una Champions, un Mondiale per club, 2 coppa del Re, due Supercoppa spagnole e due Liga. Al Psg due Ligue1, una coppa di Francia, una di Lega e una Supercoppa.
Edire che proprio adesso sembrava arrivare il più bello. Tra gol, giocate e personalità da vendere in campo. Come forse non si era mai visto fin dal suo arrivo nel 2017 a Parigi. Da dove tra l’altro l’estate scorsa ha tentato di andarsene in tutti i modi, per tornare al Barcellona, facendo infuriare così i tifosi. Ma l’odio estivo si è trasformato in amore primaverile. Grazie anche alle sue reti che hanno permesso al club dell’emiro del Qatar di approdare, dopo tre anni di umiliazioni, ai quarti di finale di Champions League. Qualificazione celebrata come una finale vinta dagli ultrà, e con le lacrime da Neymar che si è ripreso il Psg anche con un’attenta strategia social. Peccato che il coronavirus abbia congelato tutto.
Tonfo
Quando si tornerà a giocare, però, sarà tutta un’altra storia rispetto ad agosto. Allora il brasiliano si mise da solo sul mercato, tentando di forzare la mano ai dirigenti anche con dichiarazioni poco eleganti nei della tifoseria. Del tipo: «Il mio più bel ricordo in carriera è la qualificazione in rimonta contro il Psg». Quella ottenuta con un sonoro 6-1, dopo il 4-0 del Parco dei Principi, nel 2017. Fu il primo tonfo per il club del sovrano di Doha che allora decise di pagare la cifra record di 222 milioni di euro della clausola liberatoria. E garantendo a brasiliano un ingaggio da 34 milioni netti a stagione. Così Neymar posò le valige nella Ville Lumière con l’idea non solo di vincere la Champions, ma pure il Pallone d’oro, negandolo magari all’amico Messi.
Mercenario
Piani di gloria infranti da infortuni e polemiche che hanno trasformato le prime due stagioni in Francia in un inferno per il brasiliano. La telenovela di mercato non ha fatto che consolidarne l’immagine di mercenario sprezzante agli occhi dei tifosi. E quando Neymar è tornato al Parco dei Principi a metà settembre è stato trattato come il peggior nemico: fischiato e insultato da tutto lo stadio. «Giocherò sempre fuori casa - commentò allora a malincuore l’attaccante – ma se volevo andarmene è perché non mi sentivo bene qui»
Lingua
Nel giro di sette mesi è cambiato tutto. Fischi e insulti forse sono serviti a Neymar, scivolato fuori dalla lista dei 30 nominati per il Pallone d’oro. Uno smacco reso ancor più cocente dall’ascesa sfolgorante del compagno di squadra Mbappé che ormai fa vendere anche più maglie di lui. Progressivamente però il brasiliano si è rimesso in discussione. Mettendosi così a servizio della squadra, spesso anche in fase difensiva, senza rinunciare alle sue invenzioni spettacolari. Sul piano comunicativo poi Neymar ha iniziato a rendersi più disponibile, presentandosi davanti ai microfoni per commentare a caldo, da bordo campo, le partite. E poi sui social con qualche messaggio addirittura in francese, magari canticchiando o per incitare i compagni prima delle gare giocate in sua assenza.
Super
E quando si è presentata l’occonfronti
BRASILE
A causa della pandemia coronavirus in Brasile si fermano anche i vari campionati statali. La Federcalcio paulista ha deciso di fermare, a partire da oggi tutte le partite in programma a tempo indeterminato. Stessa decisione per il campionato Mineiro, stop di 15 giorni per torneo Gaucho e Carioca. casione giusta, Neymar si è ripreso il cuore di questo Psg. Da leader nella rimonta sul Borussia Dortmund, cui ha riservato il 400° gol in carriera, e poi formalizzando il concetto su Instagram usando il più universale inglese: «Parigi è nostra». E così anche gli ultrà, che in questi mesi lo hanno trattato con indifferenza preferendogli comunque Cavani, sono ormai ai suoi piedi, come ammette al quotidiano Le Parisien anche il capo della curva: «Vederlo a questi livelli dopo tutto quel che è successo è qualcosa di forte. Avevamo bisogno di questa unità». «Non si può che amarlo», insiste un altro tifoso. E più si sente amato, fa sapere l’entourage del giocatore, più Neymar diventa forte. Insomma, un supereroe. Anche se poi pure i supereroi fanno i conti con il coronavirus. Come ha indicato Neymar ieri postando l’immagine di un Batman impegnato a lavarsi con cura le mani, in attesa di completare l’opera in campo.
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in cui ha giocato Neymar: Santos (dal 2009 al 2013, Barcellona (2013-17) e Paris Saint Germain. Ha iniziato nelle giovanili della Portoguesa Santista prima di passare al vivaio del Santos
Il Valencia ha scoperto un importante focolaio di coronavirus all’interno del club. La società di Peter Lim ha annunciato ieri che i controlli effettuati sugli impiegati hanno portato alla positività del 35% degli esaminati. Non si tratta solo dei calciatori, ma anche dello staff che normalmente accompagna la squadra, tra tecnici, dirigenti e personale vario.
Viaggio a Milano
Domenica Ezequiel Garay aveva annunciato via Instagram la sua positività, e più tardi il club aveva comunicato che il Covid-19 aveva attaccato anche i giocatori Gayà e Mangala, il team manager Camarasa e il dottor Aliaga. I calciatori si erano fatti i tamponi privatamente, per conto loro. E vista la positività l’intera rosa è stata sottoposta all’esame, che ha dato risultati sorprendenti e preoccupanti. Nel comunicato pubblicato dal Valencia si mette in relazione il focolaio col viaggio a Milano della squadra, che il 19 febbraio scorso ha perso 4-1 a San Siro contro l’Atalanta: «Nonostante le severe misure adottate dal club dopo il viaggio del 19 febbraio a Milano, area confermata come ad alto rischio qualche giorno più tardi dalle autorità italiane, con la separazione della rosa dal suo abituale ambiente di lavoro e dal pubblico, hanno dimostrato che l’esposizione legata alle partite ha portato alla positività del 35% degli esaminati». Niente nomi né numero preciso.
Stanno tutti bene
Il Valencia specifica che «Tutti i casi sono asintomatici e le persone colpite sono al momento a casa propria seguite dai medici, in regime di autoisolamento e realizzano con tranquillità il piano di lavoro preparato per loro». Il club nel comunicato menziona «le partite»: dopo Milano il Valencia è andato a San Sebastian, ha giocato in casa col Betis, ha viaggiato a Vitoria, città con un gran numero di contagi, e poi ha sfidato ancora l’Atalanta. Va ricordato che il primo morto per coronavirus in Spagna è stato registrato a Valencia (attraverso una necropsia su un cadavere riesumato apposta per essere controllato) addirittura il 13 febbraio.
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