Battistella insultato: «Ma io pedalo per lavoro»
Veneto e Lombardia, commenti caustici verso i ciclisti che si allenano. La rabbia dell’iridato Under 23 e di Colbrelli
La delazione ricorda momenti tristi della storia. Però i decreti di Conte, inteso come primo ministro, per combattere il coronavirus la consentono. Ognuno di noi poi fa i conti con la sua coscienza. Domenica a Bassano del Grappa, verso il centro, un signore ha visto un ciclista a lui sconosciuto. Gli ha fatto una foto e ha pensato che la cosa giusta fosse postare quella foto sui social con l’aggiunta di un commento cattivo. Quel ciclista era Samuele Battistella, 21enne di Rossano Veneto, campione del mondo Under 23, professionista con la Ntt. Un atleta che, sempre secondo i decreti, ha il diritto di uscire per allenarsi, cioè per fare il suo lavoro. «L’ho scoperto su segnalazione di amici - spiega il corridore veneto -. La cosa che più mi ha fatto male è stata leggere i commenti. Qualcuno ha scritto persino: “I ciclisti sono tutti da uccidere”. Pazzesco. Ucciderci perché stiamo lavorando, capito?». Battistella ci tiene poi a precisare alcuni dettagli: «Quel signore non lo conoscevo e lui non conosceva me. Del resto non posso mica andare in giro con un cartello con scritto “Sto lavorando”. Però si è sentito in diritto di mettermi alla gogna. Poi però è stato convinto a cancellare quel post e s’è anche scusato».
Casi come quelli di Battistella ne succedono ogni giorno. Ieri, per esempio, è toccato anche a Sonny Colbrelli. «Già uscire da solo con questo clima di desolazione è molto brutto - attacca il corridore bresciano -. Ma la cosa peggiore sono certi automobilisti. Ogni giorno almeno una ventina mi insultano, se va bene applaudono in modo sarcastico. Poi, se non sono parolacce, almeno un “stai a casa” arriva. Oggi (ieri, ndr) a Tremosine ho quasi litigato con uno perché non voleva che passassi: secondo lui, gli portavo il virus. Ma io sono in regola. La polizia mi ha già fermato due volte. Ho sempre nelle tasche il tesserino, il documento d’identità e l’autocertificazione. Qualche mio collega si porta anche il certificato medico che dimostra che è sano. Più di così...».
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