La Gazzetta dello Sport

MILANO-SANREMO A SAN GIUSEPPE MAI COME ADESSO CI MANCA QUEL RITO

- di Pier Bergonzi

Era la festa del papà, era il giorno di San Giuseppe e per chi ha almeno 50 anni era il giorno della MilanoSanr­emo, la più carismatic­a delle nostre corse. Scriviamo era, perché dal 1977 il 19 marzo non è più una festa nazionale e il giorno dedicato a quel falegname che sposò Maria e divenne il papà biblico di Gesù è tornato ad essere feriale... Per generazion­i di italiani il 19 marzo era un rito. La liturgia aveva il profumo delle zeppole fritte e un momento condiviso con il papà, il nonno o chiunque fosse cresciuto a pane e ciclismo davanti alla radio fino agli Anni 50 o davanti al televisore per quella corsa iconica che spalancava le finestre sulla stagione del grande ciclismo.

Mai come in questo momento, col virus che si è portato via tutte le corse di primavera, ci manca quel rito della Sanremo a San Giuseppe. L’alba della corsa risale alla domenica 14 aprile del 1907, quando Lucien Petit Breton conquistò la prima edizione grazie alla complicità sgherra di Giovanni Gerbi, il «Diavolo Rosso». Vale la pena di raccontarv­i come andò in poche parole. La Bianchi aveva promesso 2,5 lire al chilometro in caso di vittoria a Gerbi e ben 15 lire al chilometro al bretone cresciuto in Argentina. Alle porte di Sanremo si presentano in tre: Petit Breton, Gerbi e il francese Garrigou. Il Diavolo Rosso sigla un accordo volante con l’”Argentino” a patto di avere la metà del suo premio a vincere. Volatona a tre con Gerbi che ha un solo interesse: chiudere Garrigou sul ciglio della strada, lasciare vincere Petit Breton e incassare 2.160 lire pattuite. Dal 1937, era un venerdì e vinse Cesare Del Cancia, gli organizzat­ori decidono che la Milano-Sanremo si corra sempre il 19 marzo nel giorno di San Giuseppe. E sarà così per 40 anni (con qualche eccezione...) fino al 1977 quando la festa del papà finisce tra le festività soppresse. La Sanremo è forse la corsa più amata dai suiveurs, proprio perché rappresent­a l’alba della stagione. Mario Fossati, grande giornalist­a con la passione per il ciclismo e l’ippica, si presentava ogni anno con una bottiglia di Champagne da stappare lungo il percorso per celebrare il «varo» della nuova annata. Tra i tanti ricordi di quelle Sanremo di San Giuseppe, due acquistano i contorni di un ricordo animato. Il primo è del 1970 (era un giovedì), quando Michele Dancelli spuntò tutto solo in via Roma con la maglia marrone e nera della Molteni, Vincenzo Torriani fuori dalla macchina del direttore di corsa e quel vulcano di Ernesto Colnago con la bici di scorta in spalla fuori dall’ammiraglia della Molteni. Un italiano non vinceva da 17 anni (dal ‘53) e le lacrime di Dancelli dopo l’arrivo restano uno dei momenti più iconici del nostro ciclismo.

L’altro è del 19 marzo 1976 (era un venerdì) quando Eddy Merckx, il «Cannibale», vinse per la settima volta la MilanoSanr­emo sfuggendo a quell’indomabile scalatore tascabile di Miro Panizza e all’elegante Jean Luc Vandenbrou­cke. E la voce di Adriano De Zan è ancora nelle nostre orecchie a decantare quel leggendari­o settimo sigillo del belga in maglia Molteni. Dancelli e Merckx, due successi tra i tanti nelle feste del papà, due vie diverse per sfuggire alla volatona, a quel finale deciso dal Poggio che il «Divino» Bruno Raschi descriveva come il «lungo prologo di una feroce coltellata».

Mai come oggi ci manca la Sanremo...

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 ??  ?? Mezzo secolo Michele Dancelli vince la Milano-Sanremo il 19 marzo 1970, esattament­e 50 anni fa
Mezzo secolo Michele Dancelli vince la Milano-Sanremo il 19 marzo 1970, esattament­e 50 anni fa

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