Lotito e Cellino non stop Ma il buon senso dov’è?
Tutti contro Lotito e Cellino. Ce l’hanno sempre con loro, Lotito & Cellino, che fanno quasi rima con una coppia di più famosi (e divertenti) mostri sacri del cinema italiano. Proprio in giorni nei quali il calcio dovrebbe mostrare unità. E invece addosso. La realtà è che li sottovalutiamo. Magari non riflettiamo sul fatto che il presidente della Lazio, in queste ore d’isolamento, deve aver studiato tecnica e tattica. Avrà ideato lo smart tackle, fatto a distanza, senza toccare l’avversario? «Ti ho visto, fermati e ora la palla è mia», e vai con la ripartenza. Ecco perché ha ordinato l’inizio degli allenamenti da lunedì, mentre il governo prega di chiudersi in casa e gli altri club sono in isolamento, contando i contagiati e i «contagiabili». D’altra parte, se chi dorme non piglia pesci, chi non si allena non piglia punti, avrà pensato: dev’essere uno di quei proverbi latini tipo «mica li pago per stare a casa». Lotito non è l’unico a volersi allenare subito, ma soltanto il segretario di un partito che comprende anche Cagliari, Napoli, Milan.
E il numero uno del Brescia? La città è nell’inferno del virus, la gente muore perché non riesce più a respirare, maledizione, e lui sta offrendo un ravvedimento operoso. Come si dice quando ti autodenunci per non aver pagato una multa: ha capito d’aver sbagliato a licenziare Grosso e Corini. Il loro staff era così bravo che ne he bisogno di nuovo, subito, per impostare la strategia della salvezza. Una «riunione programmatica» che non poteva essere fatta in video, a rischio di essere intercettata da hacker russi: tutti al centro, senza microspie. Lungi da noi insinuare quello che qualche malizioso ha pensato: che fosse una mossa per costringerli a dire «no» e quindi licenziarli prima della scadenza del 30 giugno. Non può essere così. E poi pare che il decreto Conte lo impedisca. Forse è soltanto un modo per distinguersi.
Chi scrive queste righe lo fa da casa come tanti colleghi di questo e altri giornali. Con il pc e il wi-fi che, miracolosamente resilienti, ci tengono in contatto continuo. Non è e non sarà mai la stessa cosa: il lavoro può essere «smart» quanto si vuole, ma la redazione, il suo caos creativo, il confronto con mille voci, sono insostituibili. Però ci si adatta. Il lavoro ai tempi del corona è questo, almeno nei casi in cui le distanze possono essere accorciate dalla tecnologia. C’è invece chi non può, tipo i ristoratori, i baristi, gli sportivi. Non ci sono prove scientifiche, ma la percentuale di infetti del Valencia dopo l’Atalanta qualche dubbio dovrebbe insinuarlo. E invece, mentre il calcio — l’industria calcio, percentuale non indifferente del pil italiano — cerca di reagire, e chiederà assistenza statale come a tutti, c’è chi dice no. Come quei furbi che ora vanno in strada manco fosse agosto e si parcheggia facile... Non hanno capito il danno che stanno facendo. E si stanno facendo. Magari tra un mese staremo tutti bene, negli altri club non ci saranno contagiati, si giocherà (a porte chiuse o aperte). Ma Lazio e Brescia potrebbero avere problemi. Speriamo di no. Il Brescia può ancora salvarsi. La Lazio può vincere lo scudetto, ma ha già vinto il titolo del bel gioco (con l’Atalanta). Perché sporcare tutto questo? Noi ci contiamo: Lazio e Brescia a casa, come noi, fino al 4 aprile. A lottare per loro e per gli altri.