«Corridori fermi? Aiuto psicologico per i più giovani»
Guercilena (Trek-Segafredo): «Capisco lo stress, ogni giorno va reinventato»
Icorridori sono a casa. Gli italiani, che vivono in Italia, non si allenano su strada per rispettare la richiesta della Federciclo e dell’Accpi, l’associazione di categoria. «Ormai ci si può allenare solo in Svizzera e Belgio. Spagna, Francia e Montecarlo si sono fermati. Si stanno tutti allineando all’Italia, il 90% del gruppo è fermo. Giorni duri. Anche all’azienda Trek in Wisconsin: sono quasi tutti in telelavoro». Luca Guercilena è una delle menti più brillanti del ciclismo. Allenatore/preparatore, legatissimo a Giorgio Squinzi, è cresciuto con il gruppo Mapei e ora è il general manager della TrekSegafredo, la formazione italoamericana di Nibali e Ciccone, dell’iridato Pedersen e Mollema, di Letizia Paternoster ed Elisa Longo Borghini. Due squadre, 27 corridori e 14 cicliste, «ma una sola azienda con 96 dipendenti, rapporti di lavoro autonomi e dipendenti, legislazioni fiscali diverse. Questo è oggi un team WorldTour».
3Guercilena, il ciclismo si ferma per l’emergenza coronavirus per almeno un paio di mesi. Che cosa le fa più paura? «Qui bisogna reinventarsi la vita. I miei corridori sono tornati a casa, le abitudini cambiano, ma dobbiamo essere attenti a stare molto vicino soprattutto ai più giovani. Abbiamo fatto una riunione con i d.s., i medici, gli allenatori. Stiamo vivendo una situazione sconosciuta. Capisco lo stress nervoso degli atleti, un corridore non è una persona qualsiasi: fare esercizio fisico tutti i giorni, e per parecchie ore, è una necessità».
3Anche se i giovani di oggi sono figli del mondo e “smanettano” sui social: sono svegli. «Nessuno di noi ha un obiettivo chiaro a breve termine. Si devono tenere uniti gli atleti, non lasciarli soli, fargli sentire la nostra presenza e non dare nulla per scontato. Far vedere che esiste una luce in fondo al tunnel. Siamo pronti anche a dare un sostegno psicologico. Soprattutto i più giovani, e questo vale per tutte le squadre, vanno aiutati. La quotidianità varia, prima sei in ritiro e dividi la giornata con i compagni, ora magari vivi da solo e non puoi allenarti. E’ vero, questa generazione è più globale, ma i ragazzi sono anche più individualisti, mentre ora devono occuparsi della quotidianità e preoccuparsi degli altri: vivere in comunità».
3 Che cosa significa per un corridore non allenarsi su strada? «L’esercizio fisico quotidiano è una necessità per chi esce di casa e fa sei ore di bici. Simmons, il giovane americano campione del mondo junior, è tornato in Colorado, è un ragazzo iper attivo ed è subito andato a scalare in montagna. Qui si entra in aspetti prettamente psicologici. L’atleta ha bisogno di fare attività, soprattutto se non è stanco perché non corre. Un corridore non si siede sul divano come uno normale. Si può prendere un pochino di peso, ma attenzione a non lasciarsi andare».
3Quale l’eredità di questa situazione drammatica?
«O ne usciremo con le ossa rotta, o con una nuova prospettiva.
Ho visto finora unità di intenti tra organizzatori, squadre, corridori, istituzioni. Ma questa unità può servire anche a costruire un nuovo modello di business, più qualitativo. A costruire insieme un futuro migliore e più sicuro per tutti. I sacrifici che facciamo ora, e quando si ripartirà, devono portarci a riflettere. A cosa guardo? A una Lega professionistica sullo stile americano, che dia visibilità a tutte le componenti, con un business plan che armonizzi le differenze stratosferiche di tipo legislativo e fiscale, per esempio. Con tutti i corridori in tutte le corse. E’ nelle emergenze che ci si unisce, o si può rompere tutto».
Dall’emergenza nasca un nuovo business plan per il movimento
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●Quinn Simmons, 18 anni. iridato juniores, corre nella Trek-Segafredo. Tornato negli States, è subito salito sulle montagne in Colorado