La Gazzetta dello Sport

«Io non corro Noia e pancia sono l’ultimo dei problemi»

- Paolo Bartezzagh­i

Linus, perché quell’invito a non correre all’aperto? «Siamo un Paese che interpreta le regole a modo suo. Lasciare ai singoli una chiave di lettura, uno spiraglio in un momento come questo, rischia di diventare dannoso. Ed è una questione di rispetto verso chi si sta facendo il mazzo in prima linea».

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Correre rispettand­o le distanze, al momento, è un’attività consentita dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri: quindi?

«Anch’io nei primi giorni di chiusura totale ho sostenuto che non era pericoloso uscire per una corsa seguendo le regole. Poi ho visto le foto della gente sui Navigli, sono passato dalla montagnett­a di San Siro per andare in radio e sembrava un giorno come un altro».

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Cosa si può fare in alternativ­a? «Potenziare la muscolatur­a, ad esempio, con esercizi in casa. Spesso chi corre fa solo quello, è il momento di diversific­are».

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L’attività fisica spesso è anche fonte di benessere psicologic­o, no? «Quando ho iniziato, più di 20 anni fa, correre è stato come un doping emozionale. Ora è come se fossimo in un periodo di infortunio. O sei un profession­ista o un mese di stop può fare bene. Lo so che con il tempo libero c’è voglia di fare e l’attività all’aperto è una forma di evasione. Ma la noia e la pancia, in questo momento, sono gli ultimi dei problemi, pensando ai camion militari che portano via le salme a Bergamo».

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