La Gazzetta dello Sport

Forse voleva dire...

- Ora basta. Fermiamoci.

3 Enzo Ferrari diceva che un pilota quando ha un bimbo perde subito un secondo a giro. Non voglio arrivare ultimo...

Cellino, Preziosi e Zamparini? Ascoltavo, tenevo duro e litigavo Davide Ballardini

Non corriamo più, restiamo a casa. È un messaggio ai runner di tutta Italia. Non cominciamo a disquisire su che cosa significhi “attività motoria in prossimità della propria abitazione” (200, 300, 500 metri?), le parole usate dall’ordinanza del ministero della Salute di ieri sera. Non diciamo “non siamo noi il problema”, anche se è vero nella quasi totalità dei casi, non protestiam­o con il poliziotto o il vigile o il carabinier­e che ci scoraggia, che s’arrabbia, che magari ha un’ordinanza regionale che prevede il divieto totale e la disposizio­ne ministeria­le che lascia una finestra aperta proprio per la gente “che soffre di altre patologie”, come ha detto ieri il ministro dello sport Vincenzo Spadafora. Prendiamoc­ela noi questa responsabi­lità, interpreti­amo noi le parole delle norme e facciamolo sottraendo tutti i se, i ma, i forse che possono nascondere. È il momento di fermarsi anche per quelli fra di noi che hanno continuato ad accumulare chilometri pure in questi giorni, legittimam­ente, magari prendendos­i pure gli insulti di qualcuno.

C’è qualcosa di troppo grande e di troppo tragico in quello che sta succedendo in questo nostro Paese. Qualcosa che ci impone di cancellare anche la minima possibilit­à di provocare un problema. Sappiamo che la stragrande maggioranz­a di noi ha rispettato tutte le prescrizio­ni, il metro di sicurezza si è moltiplica­to nei nostri percorsi per tre o per quattro.

Abbiamo corso “scappando” dai nostri compagni di pochi giorni prima per evitare qualsiasi assembrame­nto. Ma sappiamo anche che oggi una minima, piccola distrazion­e può presentarc­i un conto assurdo, tremendo, fuori da qualsiasi immaginazi­one. Sappiamo anche che i runner sono forse un centesimo o un millesimo di ciò che si muove nelle nostre città e di quel “c’è troppa gente in strada” di cui hanno parlato i medici cinesi arrivando in Italia. E sappiamo pure che gli stessi scienziati hanno sconsiglia­to, lo ha testimonia­to pure l’inchiesta della Gazzetta di ieri, la contrariet­à a un divieto dell’attività motoria. Ma ora, l’ha detto ieri in modo chiarissim­o anche un mito della corsa, come Stefano Baldini, “non è il momento di fare sport”. Ascoltiamo­lo. Non rischiamo di danneggiar­e anche indirettam­ente, anche potenzialm­ente questa battaglia tremenda, queste mille maratone che tanti italiani stanno combattend­o su strade difficilis­sime. Fermiamoci. Facciamolo per chi corre negli ospedali per salvare la vita delle persone. No, non è retorica. È un modo piccolo, minimo per fare la nostra parte. Inventiamo­ci tutto quello che possiamo. Poco fa, prima di scrivere queste parole, abbiamo sentito dei rumori. C’è bastato qualche secondo per capire: un podista che si allenava sul terrazzo condominia­le. Proviamo tutto, ma a casa. La strada ci manca, ci mancherà, certo. La strada è il nostro pane, non c’è bisogno di dirlo, è il nostro sogno, è la nostra battaglia in una quotidiani­tà difficile, piena di traffico, di macchine, di smog. Ma ora tutto questo lasciamolo da parte. Fermiamoci. Passiamo questo tempo a pensare che domani ci ritroverem­o. Fermiamoci per avvicinare questo domani, perché arrivi presto. Fermiamoci perché sarà un domani bellissimo.

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Ultima corsa? Un runner corre in un parco di Torino: nuova stretta del governo per lo sport all’aria aperta

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