Da Monaco al Tamburello Storia di trionfi e tormenti
Ayrton Senna era un pilota completo, veloce e ruvido, con genialità d’azione, fantasia d’esecuzione e grandi doti di controllo. Talento plasmato da applicazione tecnica, perfezionismo e intelligenza sopraffina, era tanto umano nella vita quanto duro in pista, soprattutto nei duelli. Ha illuminato le corse con 3 mondiali, 41 vittorie e 65 pole, per poi brillare in cielo e lasciare una traccia indelebile. Più profonda delle sue cifre.
Da bimbo a campione
Il bimbo nasce a San Paolo da una famiglia benestante. Il ragazzo cresce sui kart e sfrutta ogni scroscio per girare fino al buio e plasmare le sue doti di “Mago della pioggia”. L’uomo si forma fra Brasile, Italia e Inghilterra, con ambizioni chiare e un “no” da giovincello a Ron Dennis, con cui poi in McLaren avrebbe vinto i suoi tre titoli. Il pilota esplode a Monte Carlo, nella pioggia del 1984: con la Toleman risale da 13° a 2° insidiando il leader Prost, salvato solo dall’interruzione della gara decisa da Jacky Ickx, accusato di favoritismo. Il campione si consacra all’Estoril 1985, nel diluvio: la sua nera Lotus è un aliscafo e il suo casco giallo fosforescente brilla fra i flutti che fanno affondare gli altri. Indicativo il distacco sul 2°, Alboreto (Ferrari): oltre 1’!
Donington ed Estoril
A Donington il primo test su una F.1, nel 1983, con una Williams - alfa e omega della carriera, visto che è la vettura su cui morirà 11 anni dopo ma pure la vittoria più bella. Nel 1993 con una modesta McLaren Ford dopo il via ridicolizza, sul bagnato, Schumacher, Wendlinger, Hill e Prost, passando da 5° a 1° nel più bel primo giro della storia della F.1. Distacco al 2°, Hill? 1’23”! Estoril, gioie e rancori. Quelli con Prost nascono lì nel 1988, da compagni in McLaren: Senna stringe Alain al muretto in rettilineo, ma lui passa, vince e lo accusa di essere pericoloso. È la miccia di una rivalità che rasenta l’odio: si ricomporrà solo a fine carriera, sul podio di Adelaide 93 - ultimo GP del francese e ultima vittoria del brasiliano e nello struggente «Alain mi manchi» in radio nel funesto week end di Imola. C’era rispetto reciproco, ma si capì solo dopo. O tardi.
Suzuka, veleni e titoli
La faida Senna-Prost ebbe come teatro Suzuka, dove Ayrton vinse tutti i suoi tre titoli: 1988, 1990 e 1991. Nel 1988 incoronazione con brivido: Ayrton sbaglia il via, ma in soli 28 giri risale come una furia da 8° a 1°, supera Alain e trionfa. Nell’89 lo scontro. I due, in lotta per il titolo, si toccano alla chicane prima del rettifilo a 6 giri dalla fine: Prost abbandona; Senna riparte, cambia il musetto, rimonta su Nannini, vince, ma viene squalificato per taglio di chicane. Titolo a Prost e furia brasiliana. C’è l’ombra dell’appoggio del francese Balestre, presidente della Fisa, al connazionale: i veleni autunnali portarono pure alla minaccia di ritirargli la superlicenza, con Ayrton che pensò seriamente all’addio. Un anno dopo Senna si vendica, speronando Prost, in lotta per il titolo sulla Ferrari, alla prima curva. Ayrton celebra il secondo mondiale con una frase dura, grondante premeditazione: «Le corse a volte finiscono alla prima curva, a volte a 6 giri dalla fine». Nel ’91 il terzo alloro, contro la Williams di Mansell, di cui spesso subì la velocità pura (come nel duello-show in rettilineo a Montmelò con le monoposto a un dito) e con cui ebbe pure scontri fisici. Una perla il trionfo del ’91 a Interlagos, il primo in casa, con il cambio bloccato in sesta e crampi che quasi gli impedirono di alzare il trofeo.
Montecarlo e le pole
A Monte Carlo Senna ha dato il meglio: 6 vittorie fra il 1987 e il 1993, con il Settebello gettato via nel 1988, al Portier, mentre dominava. Resta però la pole perfetta del sabato, la danza fra i muretti che relega Prost, 2°, a 1”4, come fosse «in un’altra dimensione», esibendo quel lato mistico che un po’ affascinava, un po’ infastidiva. Nessuno come Ayrton amava il giro secco, lì era inattaccabile: in 158 qualifiche ha battuto il compagno 140 volte (88,6%) e quando morì, il 1 maggio 1994, il ranking all time delle pole era: Senna 65; Prost e Clark 33; Mansell 31. Capito? Quasi tutti doppiati!
Il Tamburello
Ayrton, il re, se n’è andato a Imola, insieme all’ultimo della classe, quel Ratzenberger morto al sabato che voleva onorare con la bandiera austriaca che gli trovarono addosso dopo lo schianto. Sul muro del Tamburello, Golgota moderno di una tragedia, umana e sportiva, ingigantita anche dalla dinamica - trafitto da una sospensione là dove il casco verdeoro non poteva fare scudo - è finita una pagina della F.1, scomparso il più grande pilota dell’era moderna e sorto un mito. Ancora vivo.
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