I NUMERI
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artoline dalla Cina. Per la prima volta dall’inizio dell’epidemia, ieri non si è registrato nel Paese alcun caso di contagio «domestico». E a Wuhan, la città focolaio del Covid-19, per il secondo giorno di fila non sono state segnalate infezioni: la quarantena è già stata allentata. È l’effetto, di cui il Paese asiatico va orgoglioso - dopo settimane vissute nel tunnel della paura - delle misure draconiane adottate nel contrasto al coronavirus: interventi brutali, ma efficaci.
Il metodo Wuhan
Prima del “Modello Italia”, esportato nell’area Ue per fronteggiare l’espandersi del virus, c’è proprio il “Modello Wuhan”, ovvero quel sistema vincente con cui il governo di Pechino è riuscito a rallentare l’epidemia, fin quasi a bloccarla. A chi si chiede quali siano stati i punti cardine della strategia vincente, i delegati dell’Oms in missione nelle zone coinvolte dal 10 al 24 febbraio rispondono all’unisono: le misure di contenimento e soprattutto l’impegno della popolazione, «che ha capito e accettato i provvedimenti imposti». Nel rapporto dell’Organizzazione mondiale della Sanità, si legge che è stata decisiva «una fortissima sorveglianza proattiva» finalizzata a identificare eventuali casi sospetti: tamponi a tappeto, isolamenti immediati e imposizione della quarantena ai contatti più ravvicinati dei contagiati. Una mappa dettagliata dei malati (in azione 1.800 squadre) ha permesso di tracciare e analizzare migliaia di spostamenti. E una
IL FLASH-MOB RADIOFONICO FRA MAMELI E CELENTANO
Cspeciale app per smartphone ha incrociato i dati. Il 10 febbraio, giorno d’inizio della spedizione, la Cina registrava 2.478 nuovi casi: due settimane dopo, appena 409. Emblematica, appunto, la chiusura di Wuhan e delle città vicine, imposta a 50 milioni di persone con quarantena obbligatoria e con lo stop a tutti i mezzi di trasporto in uscita dall’area: treni, bus e voli. E così altri Paesi in emergenza provano ora ad adeguarsi al ferreo rigore di Pechino, in un contesto mondiale in cui i casi accertati hanno superato quota 200 mila. Nel momento in cui peraltro il governo cinese ha iniziato già a riaprire le scuole e ripristinato il 60% dei servizi sanitari ora nelle tenebre sono finiti - tra i tanti — la Spagna, dove sono stati superati i mille morti (oltre 20 mila contagi) e la Società di medicina intensiva ha redatto una guida per aiutare i medici a decidere a quali malati dare «priorità» nelle cure. Mentre gli Stati Uniti vedono raddoppiare, in 24 ore, il numero dei malati, salito a 15 mila casi (202 le vittime). A New York il governatore Andrew Cuomo ha ordinato a tutti i lavoratori in attività non essenziali di stare a casa da oggi e ha vietato gli assembramenti. A Los Angeles è morto un uomo di 30 anni e in tutta la California è scattato l’ordine di «restare a casa». Washington ha sospeso i visti. E mentre a Nizza, in Francia, viene deciso il coprifuoco e la stessa Germania si prepara a misure più rigide, anche nel Regno Unito aumentano le vittime: sono 184 (40 in più in un giorno), gli infetti oltre 3.400. Il premier Boris Johnson ha completato la marcia indietro e ieri ha disposto la chiusura di bar, pub, ristoranti, cinema, teatri, palestre e centri sportivi. E intanto l’Oms avverte i giovani: «Non siete invincibili. Questo coronavirus può mandarvi all’ospedale o anche uccidervi».
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Poca gente in strada a New York, dove, da oggi, scatta il blocco di tutte le attività non essenziali e il divieto di affollarsi. I casi di coronavirus nello Stato di New York sono 7.102, di cui 4.408 in città
che resiste, che si affaccia dalla finestra e si sente unita sulle note dell’Inno di Mameli, risuonato ieri alle 11, per la prima volta nella storia del Paese, in tutte le radio: un flash-mob radiofonico contro il virus, proseguito con Azzurro, La Canzone del Sole e Nel Blu Dipinto di Blu. E tanti italiani - da Milano a Roma - si sono affacciati per esprimere la loro solidarietà