La Gazzetta dello Sport

Roberto D’Aversa «A PARMA DA SOLO E LONTANO DA TUTTO SONO DIVENTATO UN UOMO DI CASA»

Il tecnico racconta le due settimane di autoisolam­ento: «Adesso so cucinare e usare la lavatrice. E cerco anche di dimenticar­e l’ultima partita con la Spal»

- di Andrea Schianchi - PARMA

Nemmeno lui, che del contropied­e è un maestro, adesso riesce a trovare un modo per ribaltare l’azione e mettere alle corde l’avversario. Questo virus è talmente aggressivo da togliere il fiato e annebbiare le idee. «Bisogna organizzar­si, servirebbe tempo, ma purtroppo non ne abbiamo. L’importante è non farsi travolgere, resistere uniti e giocare di squadra». Un po’ come, nei tanti momenti di difficoltà attraversa­ti, ha fatto il suo Parma. Roberto D’Aversa parla dalla sua casa di Pescara, raggiunta dopo aver rispettato i 15 giorni di isolamento volontario suggerito dalla società.

3Che cosa ha fatto in quelle due settimane?

«Ero a Parma da solo, mia moglie e i miei figli erano già a Pescara. Diciamo che mi sono arrangiato e ho scoperto quanto è duro fare andare avanti una casa. Le donne, che lo fanno ogni giorno, sono delle sante».

3 Ricorda l’ultima partita? Parma-Spal dell’8 marzo. «Preferirei dimenticar­e, ma non per la sconfitta. Il sistema calcio, del quale faccio parte, in quell’occasione non ha dato una dimostrazi­one di compattezz­a e organizzaz­ione. Prima si gioca, poi si ritarda, poi si ritarda ancora, telefonate negli spogliatoi... Vabbè, lasciamo stare: in questo momento non è il caso di fare polemiche. Capitolo chiuso, qui si deve pensare alla ripartenza».

3Da dove si riparte?

«Dal pallone, lo strumento che fa divertire tutti. Ci si deve sedere attorno a un tavolo, parlo dei massimi dirigenti italiani, europei e mondiali, e in fretta si deve scegliere la strategia. Mi auguro che lo Stato dia una mano, se è possibile, a tutto il sistema-calcio. Ma adesso, in questo preciso momento, se mi chiede quale intervento ho in mente, sinceramen­te non riesco a pensarci».

3Perché non ce l’ha o perché ha altro per la testa? «Perché non riesco a non pensare che ora, mentre stiamo parlando, qualcuno sta morendo per il virus. Qui si sta azzerando una generazion­e, quella degli anziani, dei nonni, che con la loro esperienza ci hanno insegnato a vivere. Non possiamo permetterc­i una simile tragedia. Lo dico con dolore: io, al calcio, adesso non riesco proprio a pensarci. Mi interessa soltanto la salute. Dei miei cari, delle persone che conosco, degli altri».

3Ha paura?

«Normale, quando vedi certe immagini in television­e, rimanere colpiti. La fila dei camion militari che trasportan­o le bare a Bergamo non me la dimentiche­rò più. Un mio giocatore, Alberto Grassi, ha perso il nonno. Il segno del dolore resterà a lungo, bisognerà imparare a conviverci».

3Come sono state le sue due settimane di isolamento? «Ho fatto l’uomo di casa: pulizie, cucina, lavatrice. Ho imparato a far andare quell’aggeggio infernale!». 3E come ci è riuscito?

«Da solo, impossibil­e. Allora ho chiamato mia moglie, perché le donne sono molto più avanti, e lei mi ha spiegato che cosa dovevo schiacciar­e. E poi, grazie alla tecnologia, ho pure imparato a cucinare l’agnello al forno con le patate».

3Addirittu­ra.

«Merito delle videochiam­ate con mia moglie. La cosa più difficile è stata pelare le patate. Mi vergogno a pensare che non ero capace. Questo periodo mi ha fatto scoprire le piccole cose che, vissute con lo spirito giusto, possono essere positive».

3 Non dica che non ha visto un po’ di calcio in television­e? «Pochissimo. Ho studiato qualche giocatore sul computer con il programma di scouting. Ma non è il momento adatto. Piuttosto, ho letto».

3Che cosa?

«Un libro in particolar­e mi ha colpito e lo consiglio: s’intitola “Niente teste di cazzo. Lezioni di vita e di leadership dagli All Blacks”. E’ di James Kerr. Pagine che scorrono via velocement­e. Bello».

3Si è tenuto in forma in questo periodo?

«Zero allenament­i. L’unico movimento, e non è stato poco, è stato quello per pulire in casa. Ho cercato di tenere in forma il cervello, che ora conta di più delle gambe o delle braccia».

3 Come ha raccontato ai figli la vita al tempo del coronaviru­s? «Ho tre figli. I due maschi Simone e Francesco, che sono più grandi, hanno intuito subito: non andavano a scuola, la perdita della normalità l’hanno percepita così. La piccola Sofia vive questo periodo con l’incoscienz­a dei 4 anni. Mi ha commosso quando mi ha mandato un disegno dove c’era scritto “Quando arrivi, papà?”. La famiglia è come le radici della quercia: ti tiene saldo a terra».

3Taglio degli stipendi ai calciatori. E’ d’accordo?

«Penso che si debba parlare, si debba cercare un compromess­o tra tutti. Io penso che già adesso c’è gente che ha difficoltà a fare la spesa: ognuno deve giocare il proprio ruolo».

«Bisognerà imparare a convivere con il dolore Ripartire col pallone, ma lo Stato ci dia una mano» ROBERTO D’AVERSA, TECNICO DEL PARMA

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Roberto D’Aversa, 44 anni, quarta stagione a Parma.
2 Il tecnico con Maurizio Sarri, 61 anni
. Con l’ivoriano Gervinho, 32 anni, attaccante del Parma
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