UNA SIGNORA SCUOLA
È giusto che ognuno si faccia la propria playlist dei grandi campioni del calcio di tutti i tempi. E, se può, che la faccia circolare, provocando inevitabili reazioni. Pelé è l’ultimo ad averci tirato dentro col suo sassolino in questi giorni, vuoti di sport e prosciugati dalla peste. Come si fa a non tener conto di quello che dice un monumento come lui? È parte in causa, candidato al podio più alto dell’olimpo fin dai primi passi esibiti col pallone tra i piedi. Abbiamo seguito tutti il suo ultimo fixing: Cristiano Ronaldo è il numero uno attuale, più stabile di Messi che non è un attaccante, secondo il brasiliano. C’è comunque equilibrio, esistono diversi prìncipi – sostiene Pelé – ma nessuno in grado di insidiare il suo trono di re del futbol. Un rispettabile punto di vista, naturalmente. Eppure anche quello che ha detto “o Rei” a Pilhado – canale brasiliano che possiamo vedere su Youtube – mi sembra un discorso partigiano. Con tutto il rispetto e le distanze dovute, ricorda i calcoli dei gestori di un ristorante o di un albergo chiamati a dare i voti a tre o quattro colleghi concorrenti, in qualche format televisivo. Vince, alla fine, chi ha la pagella migliore, la somma più alta. Anche mezzo voto può diventare decisivo: e allora i concorrenti tendono ad avere il braccino un po’ corto, magari premiano il meno bravo per tenere a distanza il competitor più pericoloso. Tutto molto umano, troppo umano. Adesso però attorno al pallone non parliamo più di uomini, qui si tratta di dei. l’impressione che nella classifica sui divini di tutti i tempi le scelte siano un po’ troppo condizionate da legami orizzontali – amici di amici – da confraternite nazionali o linguistiche (tipo il portoghese che Pelé e Cristiano frequentano, anche se con diversi accenti), da simpatie o antipatie personali (già, Maradona dov’è finito?), da distanze territoriali e sguardi generazionali. Nessuno ti fa un esame per pesare, davvero, quante ne sai. È un gioco di sguardi e di ruoli. Possibile che non si riesca a parlare dell’olimpo con più equilibrio, staccando la spina delle appartenenze e del tifo? Mi ricordo che in Argentina, negli anni d’oro di Maradona, quelli che continuavano a mettere Pelé davanti a Diego venivano considerati – da molti – semplici disertori o senza patria. Dei traditori, insomma. Anche per questo è interessante il parere di Cesar Luis Menotti, uno che ha giocato con “o Rei” nel Santos e ha allenato il Pibe nella nazionale argentina e nel Barça. Il “Flaco” sostiene che Pelé è un marziano e dunque va tolto dal mazzo: degli altri, a cominciare da Maradona, si può parlare. Forse c’è una lente generazionale che accentua il punto di vista di Menotti. In ogni caso, credo che anche Alfredo Di Stefano, Johan Cruijff, Leo Messi e Cristiano Ronaldo meritino di stare nell’olimpo. Vedo due filoni, distinti in modo abbastanza chiaro: nel calcio di Pelé, Maradona e Messi prevalgono istinto, magìa e mistero; in quello di Di Stefano, Cruijff e Cristiano Ronaldo il talento è molto più costruito e lavorato. Lo stupore e l’emozione tendono a farci premere il tasto-uno. Ma non dimentichiamo che pochi hanno cambiato la storia del calcio come Di Stefano e soprattutto Cruijff – con Ajax, Olanda e Barcellona – lasciandoci attorno qualcosa di immortale. L’olimpo, in fondo, è un labirinto. Non finiremo mai di metterlo in ordine.