La Gazzetta dello Sport

L’AMICO ALBANESE

Rama: «Cara Italia non ti abbandono Amo basket e Juve»

- Di Conticello

Il primo ministro albanese ha commosso tutti inviando 30 sanitari per l’emergenza virus «Amo Zoff e pure... Mou, lo sport ci aiuterà»

Quell’italiano squillante e raffinato ha destato un Paese in lutto. Edi Rama, premier della piccola grande Albania, non ha solo spedito 30 operatori sanitari qui al fronte: ha restituito dignità al Continente, riempito di senso le parole memoria e gratitudin­e. Ora una calda scia di affetto lo avvolge. Rama combatteva già sui parquet di Tirana ed è tenace come la Juve che porta nel cuore e, a volte, sul giubbotto. Sarà per questo che la metafora calcistica compare dove meno te la aspetti.

3 Presidente, come nasce la missione albanese?

«Nasce da una memoria forte: la mia generazion­e ha vissuto sulla pelle sia i tempi bui della dittatura sia la ferocia del mare della libertà, quando uscimmo dal bunker comunista per nuotare verso la nostra America: l’Italia! Ma forse nasce anche dalla paura, dalla consapevol­ezza che il “catenaccio“di ogni Stato europeo può trasformar­si in un suicidio collettivo, mentre il nemico invisibile ci aggredisce con un pressing mai visto. Guardare l’Italia lasciata sola diventava ogni giorno più imbarazzan­te: ogni membro della casa europea non può restare chiuso nella sua stanza. E cosi meglio seguire il consiglio di Madre Teresa: invece di maledire il buio accendiamo la nostra candela!».

3Si aspettava di diventare lei stesso una luce?

«La prima scintilla l’ho captata dalla reazione di Di Maio quando gli ho accennato l’idea con timidezza: 30 persone sono una candela che non può riscaldare una cattedrale stracolma di sofferenza come l’Italia di oggi nel freddo europeo. Luigi mi ha detto: “Ma scherzi, sarebbe indimentic­abile!”. Non mi aspettavo questa commozione, che fa piacere e dà i brividi: deriva dalla sofferenza e solitudine italiana. Noi lo facciamo forse proprio perché siamo poveri. Nella marea dei commenti che ho letto in italiano mi ha colpito quello di un ragazzo del Sud: “L’Albania mi ha ricordato

papà. Mi diceva: non dimenticar­ti dei poveri. Nel momento del bisogno, saranno gli unici ad aiutarti».

3C’è stato un tempo in cui l’albanese subiva razzismo.

«E’ verissimo, ma uscivamo da 50 anni di ibernazion­e, sembravamo usciti dal mare solo per far paura ai bambini. Una volta mi arrestaron­o a Bologna perché mi rivoltai contro un poliziotto che domandava a una donna incinta cosa avesse nel ventre. Avvicinò il cane e lei, che non sapeva l’italiano, svenne. Eravamo i vostri nonni che in America per tutti erano solo ladri, mafiosi. Abbiamo sofferto, ma l’amore incondizio­nato per l’Italia ci ha aiutato a sopravvive­re all’umiliazion­e, a farci conoscere ed essere accettati per ciò che siamo».

3Come è la situazione in Albania durante la pandemia?

«Combattiam­o, come tutti. Coscienti della nostra debolezza, siamo stati i primi a mettere... l’autobus davanti alla porta, co

me direbbe il grande José! Toccando ferro, i numeri ci stiano dando ragione finora».

3Lei cita Mou, ma ha altro nel cuore, vero?

«Io sono juventino fin da bambino, sopra il mio letto c’era la foto di Zoff. Prima di spegnere la luce lo guardavo, ricordavo a mia nonna che Dino era grande grazie a sua nonna che gli dava tante uova... Ieri, oggi e sempre, Zoff è il mio preferito. E confesso la mia macchia su Mou: quando era in Italia, mi affezionai cosi tanto che ho gioito per le sue vittorie! Lo so, sembra una peccato mortale, ma da fedele lettore della Gazza non posso nasconderl­o».

3E cosa rappresent­a per lei ora la Juventus?

«L’emanazione dello spirito che fa quadrato per vincere, anche contro ogni previsione. Mi hanno fotografat­o con giubbotti del club: sono belli, vanno bene in tempi duri come questi. Vale la pena rischiare di perdere qualche elettore interista...».

3 Apriamo il cassetto dei ricordi bianconeri, allora.

«Quelli non lieti sono legati a due persone, mi vengono i brividi solo a citare i cognomi: Rep e Magath. E basta cosi perché non voglio parlare di un tipo strano col fischietto che arbitrava a Madrid... Quelli lieti sono cosi tanti che lascio stare: meglio non provocare i lettori del largo fronte anti-juventino».

3E della sua recente visita all’Allianz cosa ricorda?

«Più che uno stadio bello (il nostro Air Albania Stadium, costruito con il fiorentino Marco Casamonti, lo trovo piu bello, non è una provocazio­ne) è una tana impression­ante che custodisce lo spirito juventino. E stato un onore incontrare il presidente Agnelli, di cui stimo l’audacia con cui è “sopravviss­uto” all’ombra del grande Avvocato. Dei bimbi sopravviss­uti davvero al terremoto hanno incontrato Cristiano e Buffon: ho visto due colossi bambini con un cuore grandissim­o. Penso si ricordino sempre

di quando non erano nessuno».

3L’ha convinta finora in campo la squadra di Sarri?

«Ah, non dico niente perché in Italia c’è abbastanza gente che sa tutto senza aver mai toccato un pallone! Nel calcio guardo frammenti di vita, imparo modi diversi di vincere. Per me i grandi coach sono maestri di leadership, come Mou».

3E come va il calcio in patria, dall’exploit di De Biasi al nuovo ciclo di Reja?

«Sono orgoglioso della amicizia di De Biasi, non solo perché ha ispirato la nazione, ma perché ha spirito e impression­ante intelligen­za. Mentre Edy Reja me lo ha fatto conoscere il mio amico fraterno Igli Tare: sono felice che abbiamo con noi un vecchio volpone, è una figura paterna per i giocatori».

3Non tutti lo sanno, ma è il basket lo sport della vita.

«Ero troppo alto per gli standard albanesi e cosi sono diventato un pivot troppo piccolo per gli standard internazio­nali! Domandai alla nostra federazion­e di fare da traduttore alla grande Scavolini che venne a Tirana per le eliminator­ie di Coppa Campioni. Conobbi Valerio Bianchini e il suo giovane vice, un certo Sergio Scariolo. Con il “Vate” siamo diventati poi amici e gli ho fatto visitare l’Albania».

3All’Nba dà un occhio?

«Da quando non c’è Air Jordan e la sua gang di Chicago, mi sembra sia solo una splendida parata di celebrità, niente battaglie all’ultimo sangue».

3Le trova in altri sport?

«Mi appassiono a tratti, mi lego a dei personaggi: la saga dell’Italvolley di Velasco, i miracoli di Jean Todt e Schumi, l’immaginazi­one di Kasparov, le vendette di Federica Pellegrini, la corsa dalla pulizia etnica all’oro olimpico di Majlinda Kelmendi, i batti e ribatti senza età di Federer, Djokovic, Nadal e ultimament­e, l’esemplare lotta fuori dal campo di Sinisa Mihajlovic. Sono meraviglie che solo lo sport può regalare al cuore e alla mente». Per una volta concludiam­o noi: grazie di tutto, Presidente.

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Il primo ministro albanese Edi Rama con Ronaldo
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Amico dell’Italia 1 Edi Rama, 55 anni, con due bambini sopravviss­uti all’ultimo terremoto a Durazzo 2 Il premier albanese col giaccone della Juve
Rama con Andrea Agnelli 4 Allo Stadium con la maglia della “sua” Juve
1 Amico dell’Italia 1 Edi Rama, 55 anni, con due bambini sopravviss­uti all’ultimo terremoto a Durazzo 2 Il premier albanese col giaccone della Juve Rama con Andrea Agnelli 4 Allo Stadium con la maglia della “sua” Juve
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