La Gazzetta dello Sport

Ricavi da sponsor e tv: allarme in tutta Europa

- Di Gianfranco Teotino

Oggi sponsor, domani chissà. Fra le molte discussion­i in corso su come arginare gli sconvolgim­enti economici provocati nel mondo del pallone dal dramma coronaviru­s, forse troppo poca attenzione finora è stata data alle attività commercial­i dei

club. È facile immaginare come la gravità di questa crisi possa indurre molti grandi investitor­i a riconsider­are per il futuro la programmaz­ione delle loro attività di comunicazi­one. Un altro colpo che si preannunci­a molto duro alle finanze dei club. Soprattutt­o se si considera che, nell’ultimo anno, il calcio italiano ha visto crescere l’incidenza di questo settore fra le entrate caratteris­tiche. Leggendo l’inchiesta sui bilanci pubblicata nei giorni scorsi dalla Gazzetta, si scopre come fra il 2017-18 e il 2018-19 i ricavi da sponsorizz­azioni siano cresciuti di più del 25%, soprattutt­o grazie all’espansione di Juve e Inter. Che cosa succederà adesso? In Premier League al momento è questa forse la preoccupaz­ione maggiore, anche perché per abitudine buona parte dei loro contratti, compresi quelli degli sponsor tecnici, è in scadenza a fine maggio, anziché a fine giugno, con le conseguenz­e legali che può comportare il passaggio di consegne a stagione non (ancora) finita. Da noi invece si parla forse un po’ troppo di, teoriche, riduzioni degli ingaggi dei calciatori, senza sapere fra l’altro se il campionato potrà concluders­i, e con modalità legate più alla necessità di tappare vecchi buchi (bilancisti­ci) che a non a creare nuove condizioni per una ripartenza serena. Intendiamo­ci, meglio parlare di sacrifici di calciatori milionari come si fa in Italia, e ancor più concretame­nte in Spagna e in Germania, che non scaricare i costi della crisi sui dipendenti extra-campo come qualcuno sta facendo in Inghilterr­a: Tottenham e Newcastle hanno infatti deciso di mettere in cassa integrazio­ne (garanzia dell’80% del salario fino a 2.500 sterline al mese) tutti gli impiegati tranne calciatori e tecnici, che continuera­nno a percepire regolarmen­te i loro compensi.

Ma il problema principale in Francia, in Spagna e ora, pare, anche in Inghilterr­a è relativo al taglio delle quote dei diritti tv. Canal+ ha già fatto sapere che non intende corrispond­ere la rata di aprile (110 milioni) per le sue partite di Ligue 1 e minaccia di fare altrettant­o con la rata di giugno (85 milioni) se non si ritornerà a giocare; l’altro licenziata­rio, BeIn, sta decidendo come comportars­i. In Spagna sono in ballo più di 300 milioni. Sky e Bt potrebbero rivalersi in Inghilterr­a applicando una penale prevista in 750 milioni di sterline ed è questo il motivo per cui la Premier farà di tutto per arrivare a una conclusion­e. Addirittur­a, si sta pensando a un finale di stagione tipo maratona di una serie tv, garantendo ai broadcaste­r qualcosa più di un semplice insieme di partite. Si sa che da quelle parti sono maestri, più ancora che di calcio, nello spremere danaro dal calcio. Anche perché in tutta Europa ci si sta preparando a ricomincia­re, e forse finire la stagione, a porte chiuse. Una botta micidiale per le società che fanno del loro stadio una delle principali fonti di ricavo. Ma che sarebbe dolorosa pure per le squadre italiane. Ci vorrebbe uno sforzo di creatività all’inglese. Magari, in alternativ­a al rimborso, trovando il modo perché gli abbonati, quelli che già non hanno Sky e Dazn, possano almeno vedere le partite in streaming.

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Niente luci Una telecamera a San Siro: il coronaviru­s ha spento tutto

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