Ricavi da sponsor e tv: allarme in tutta Europa
Oggi sponsor, domani chissà. Fra le molte discussioni in corso su come arginare gli sconvolgimenti economici provocati nel mondo del pallone dal dramma coronavirus, forse troppo poca attenzione finora è stata data alle attività commerciali dei
club. È facile immaginare come la gravità di questa crisi possa indurre molti grandi investitori a riconsiderare per il futuro la programmazione delle loro attività di comunicazione. Un altro colpo che si preannuncia molto duro alle finanze dei club. Soprattutto se si considera che, nell’ultimo anno, il calcio italiano ha visto crescere l’incidenza di questo settore fra le entrate caratteristiche. Leggendo l’inchiesta sui bilanci pubblicata nei giorni scorsi dalla Gazzetta, si scopre come fra il 2017-18 e il 2018-19 i ricavi da sponsorizzazioni siano cresciuti di più del 25%, soprattutto grazie all’espansione di Juve e Inter. Che cosa succederà adesso? In Premier League al momento è questa forse la preoccupazione maggiore, anche perché per abitudine buona parte dei loro contratti, compresi quelli degli sponsor tecnici, è in scadenza a fine maggio, anziché a fine giugno, con le conseguenze legali che può comportare il passaggio di consegne a stagione non (ancora) finita. Da noi invece si parla forse un po’ troppo di, teoriche, riduzioni degli ingaggi dei calciatori, senza sapere fra l’altro se il campionato potrà concludersi, e con modalità legate più alla necessità di tappare vecchi buchi (bilancistici) che a non a creare nuove condizioni per una ripartenza serena. Intendiamoci, meglio parlare di sacrifici di calciatori milionari come si fa in Italia, e ancor più concretamente in Spagna e in Germania, che non scaricare i costi della crisi sui dipendenti extra-campo come qualcuno sta facendo in Inghilterra: Tottenham e Newcastle hanno infatti deciso di mettere in cassa integrazione (garanzia dell’80% del salario fino a 2.500 sterline al mese) tutti gli impiegati tranne calciatori e tecnici, che continueranno a percepire regolarmente i loro compensi.
Ma il problema principale in Francia, in Spagna e ora, pare, anche in Inghilterra è relativo al taglio delle quote dei diritti tv. Canal+ ha già fatto sapere che non intende corrispondere la rata di aprile (110 milioni) per le sue partite di Ligue 1 e minaccia di fare altrettanto con la rata di giugno (85 milioni) se non si ritornerà a giocare; l’altro licenziatario, BeIn, sta decidendo come comportarsi. In Spagna sono in ballo più di 300 milioni. Sky e Bt potrebbero rivalersi in Inghilterra applicando una penale prevista in 750 milioni di sterline ed è questo il motivo per cui la Premier farà di tutto per arrivare a una conclusione. Addirittura, si sta pensando a un finale di stagione tipo maratona di una serie tv, garantendo ai broadcaster qualcosa più di un semplice insieme di partite. Si sa che da quelle parti sono maestri, più ancora che di calcio, nello spremere danaro dal calcio. Anche perché in tutta Europa ci si sta preparando a ricominciare, e forse finire la stagione, a porte chiuse. Una botta micidiale per le società che fanno del loro stadio una delle principali fonti di ricavo. Ma che sarebbe dolorosa pure per le squadre italiane. Ci vorrebbe uno sforzo di creatività all’inglese. Magari, in alternativa al rimborso, trovando il modo perché gli abbonati, quelli che già non hanno Sky e Dazn, possano almeno vedere le partite in streaming.