«Che errore lasciare Roma Grande Inzaghi: è una squadra da primo posto»
L’ex biancoceleste ora al Boca Juniors «Che emozione i gol nel derby e in finale di Coppa. Con Simone ogni tanto ci sentiamo»
Chiamatelo ribelle e lui sarà d’accordo: «Che male c’è? Basta avere i giusti modi». I tocchi magici di Mauro Zarate. «Parto da sinistra, mi accentro e calcio a giro. La mia ‘mattonella’. Quando prendevo palla in quella zona, l’Olimpico iniziava a vibrare». Oggi Zarate gioca e segna nel Boca, alla Bombonera: «Abbiamo vinto il titolo all’ultimo turno - dice il 33enne - vorrei chiudere la carriera qui. I tifosi mi vogliono bene».
Come alla Lazio.
«Il mio primo amore, impazzivano per me. Arrivai a Roma a 21 anni e diventai un idolo. I primi mesi, nel 2008/09, ero imprendibile. Segnai nel derby, vinsi la Coppa Italia con gol in finale e la Supercoppa. L’unico neo è quel rigore sbagliato contro l’Udinese che ci costò la Champions. Tornando indietro calcerei sotto l’incrocio. Il rapporto con i tifosi è stato unico, ad Auronzo dovevo nascondermi nel pulmino per arrivare in tempo a pranzo. Mi cercavano tutti».
Anche la Nazionale italiana. «Volevano naturalizzarmi, ma io sognavo l’Argentina».
Che pensa di questa Lazio? «Da scudetto. Immobile è da Scarpa d’Oro».
Lei, Luis Alberto e Correa insieme. Come la vede? «4-2-3-1: io a sinistra, il Tucu a destra e Luis in mezzo. Qualità pura».
E il 10 a chi lo diamo? Mauro sorride. «Una bella lotta, ma è di Luis…».
Inzaghi l’ha sentito?
«L’ho visto un paio di volte a Londra, quand’ero al Watford. Ci scambiamo qualche messaggio…».
Le ha mai chiesto di tornare? «No, ma ci abbiamo scherzato. Lui mi prese sotto la sua ala, siamo amici. È un grande tecnico».
L’addio alla Lazio le fa ancora male?
«Non lo rifarei, mi sono pentito subito. L’Inter era il club migliore d’Italia, ma non riuscii ad esprimermi. Quando tornai a Roma si era rotto qualcosa, inutile parlarne ancora. Non potevo più restare. Mi volevano in Premier, ma l’offerta non andava bene a Lotito, così tornai al Velez. Il miglior Zarate si è visto alla Lazio però. Mi sono sentito amato».
Anche alla Fiorentina. «Un’oasi. Mia moglie lo dice sempre: ‘Perché sei voluto andar via?’. I tifosi, durante la malattia, mi mostrarono un affetto mai visto. Ricordo il destro a giro contro il Carpi, un colpo dei miei. Il primo ad abbracciarmi fu Astori. Abitavamo a 50 metri di distanza, la sua morte fu uno shock. Poi ho discusso con Sousa: non mi vedeva, ma andarmene fu un altro errore».
Il Boca è casa sua? «Passione estrema. Ora siamo fermi, sento ancora De Rossi e mi racconta di un’Italia che soffre. Fa male anche a me. Daniele è stato un grande compagno. Ogni tanto scherzavamo sui derby». E su quel gol dalla mattonella di Maurito.