La Gazzetta dello Sport

Il cambio di marcia del comandante Messi

- Di Alessandro de Calò Il ragazzo fenomenale sul

Leo Messi ha un’altra voce. Dopo anni di silenzi e monconi di parole, quasi sempre banali, dice cose. Le scrive, anche. Pane al pane. Frasi pesanti: spostano equilibri. C’è una peste che cambia il mondo e costringe tutti a fare i conti con la fine di un’epoca. Sono conti grandi e piccoli. Numeri che non tornano più. Lui guarda quelli del Barça, un bel pezzo della sua vita. Infila gli occhi e ci mette la faccia, con tanto di barba. La copertina a tutta pagina che gli ha dedicato nei giorni scorsi L’Equipe, presentand­olo come il Che Guevara del Barcellona, si accompagna a un’enfasi un po’ esagerata. Però fotografa la questione. Messi, parlando a nome degli altri capitani e dei compagni ha chiarito, soprattutt­o, una cosa: i giocatori blaugrana hanno rinunciato a dei soldi in più – oltre al taglio concordato col club – per garantire ai dipendenti non sportivi del Barça il cento per cento dello stipendio. Il messaggio è poderoso. Racconta di un senso comune di appartenen­za e dice che i forti devono aiutare i deboli. Nessuno se la può cavare da solo in questo passaggio epocale. La solidariet­à non è più un’opzione ideologica o religiosa, diventa l’unica strada percorribi­le per entrare dignitosam­ente nel futuro.

Messi non si accontenta di farla questa cosa, di essere solidale togliendos­i qualche spicciolo dalle tasche. No. Vuole che il mondo lo sappia. L’urlo viene amplificat­o dai 146 milioni di persone che lo seguono su Instagram. Non sono i 200 di CR7, okay, ma resta un numero importante: corrispond­e agli abitanti di Italia, Spagna e Argentina messi assieme. Evidenteme­nte, hanno un certo peso. campo e silenzioso nella vita sta diventando un comandante. Non è più il leader tecnico che sussurra al pallone e non spiaccica parola. Aveva cominciato a farlo negli spogliatoi del Barça e nell’Argentina. L’arringa ai compagni di nazionale, nell’intervallo della decisiva partita con la Nigeria, durante il Mondiale di due anni fa in Russia, gli era stata riconosciu­ta come un discorso da Re. Le uscite di questi giorni sono da Lider Maximo e fanno parte dell’ennesimo capitolo scritto nel braccio di ferro che oppone l’asso argentino – e gli altri blaugrana del nucleo storico – alla “cupola”, cioè al presidente Bartomeu e al suo staff dirigenzia­le. Questa “cupola” ha i mesi contati, perché si andrà alle urne e Bartomeu non può essere eletto per un terzo mandato dai duecentomi­la soci. Gli ex capitani Xavi e Puyol, che appoggiano il candidato forte dell’opposizion­e – e sono, in pectore, il futuro allenatore e il nuovo direttore sportivo del Barça – applaudono Messi. Come finirà? Leo ha un contratto che scade il prossimo anno, però c’è una clausola che gli permette di andarsene, gratis, subito. Basta che lo dica, entro maggio. Tra un mesetto, dunque, il rebus sarà più chiaro. Tutto è possibile. Ma dopo le cose dette, mi stupirei molto se il comandante Messi dovesse abbandonar­e la barca con un dribbling veloce, per cavarsela da solo.

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AFP “Che” Leo Lionel Messi, 32 anni, gioca nel Barcellona dal 2004
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