CON UN GRANDE REGISTA IL CALCIO È TUTTO UN ALTRO FILM
Che l’Inter stringa i tempi per sistemare la situazione contrattuale di Marcelo Brozovic non stupisce: in questo momento il croato è l’elemento che, sul campo, traduce le idee dell’allenatore. In sostanza è colui al quale Antonio Conte ha affidato il lavoro di trasformare la teoria in pratica. Nel 3-5-2 dei nerazzurri il vertice del triangolo di centrocampo, un po’ “alto” o un più “basso” a seconda delle esigenze della partita, è sempre lui. Detta i tempi e i ritmi delle azioni, dimostrando di avere un ottimo senso musicale, e in fase difensiva, cioè quando la manovra è gestita dagli avversari, è sempre il primo a suggerire e praticare il pressing. Allo stesso modo è da seguire con attenzione ciò che la Juventus sta facendo con Bentancur. Pjanic è ancora (anche se non sempre) il titolare del ruolo, perché per conoscenze e per esperienza ha una marcia in più, ma in prospettiva Bentancur può diventare ciò che per Sarri è stato il Jorginho di Napoli, altro esempio di classico “centromediano metodista”. Sistemato davanti ai due centraloni, il regista della Juve ha un compito leggermente diverso rispetto a quello di Brozovic che, con l’Inter disegnata secondo il 35-2, sviluppa soprattutto sulle fasce il gioco di uscita dalla fase difensiva. Il “metodista” bianconero, sia egli Pjanic o, in un futuro molto prossimo, Bentancur, tocca tantissime volte il pallone dando l’avvio a quel titic-titoc che deve portare tutta la squadra dall’altra parte del campo. Maestro assoluto di questo esercizio tecnico è stato Xavi
del Barcellona. Vi siete mai chiesti che cosa avrebbe fatto Messi, nel periodo d’oro dei Blaugrana, sia con Rjikaard sia con Guardiola in panchina, se non avesse avuto alle spalle la razionalità e la saggezza di Xavi? Quanti palloni gli sarebbero giunti, belli, puliti e invitanti, se a fornirglieli non ci fosse stato un simile artista ma un qualsiasi geometra? Si fa presto a dire che il gioco conta più dei giocatori, ma se poi a disegnare il passaggio sui piedi del fuoriclasse non c’è uno come Xavi, il risultato quale sarà? La verità è che non un esiste grande squadra che non abbia un grande regista. Qui il termine “regista” va inteso come costruttore di gioco e costante punto di riferimento per i compagni. Non importa se sta venti metri più indietro o venti metri più avanti, ciò che conta è che svolga con disciplina il suo compito di “faro”. È una specie di Cartesio di ogni formazione: razionale, metodico, geometrico, ma con la licenza di aggiungere fantasia alla sua opera.
Il passato è una miniera di esempi e tutti testimoniano l’insostituibilità del regista. La Grande Inter di Helenio Herrera che cosa sarebbe stata senza i lanci di Luisito Suarez? E, prima ancora, i meravigliosi Garrincha, Vavà e Pelè dove sarebbero arrivati se non avessero avuto le imbeccate di Didì?
Persino un re come Diego Armando Maradona, per vincere il suo primo scudetto al Napoli nel 1987, ebbe bisogno di un uomo che organizzasse il gioco, e quest’uomo, comprato al mercato autunnale, si chiamava Francesco Romano. Infine guardiamo la Lazio di Simone Inzaghi e la sua stupenda corsa compiuta in campionato fino allo stop per il virus. Addirittura due elementi sono deputati alla costruzione e alla rifinitura: Lucas Leiva in fase arretrata e Luis Alberto in zona più avanzata. È su questo asse che si sviluppa il gioco a dimostrazione del fatto che nessuno può stare in piedi se non ha una solida colonna vertebrale.