«Giocare? Magari... Ma prima la salute»
Giannelli: «Le istituzioni ci diranno cosa fare, però mi piacerebbe finire la stagione»
Dopo pochi giorni dall’inizio della quarantena ha lanciato, insieme ad alcuni compagni, una raccolta di fondi in favore della Protezione Civile (#UnitiNellaPartitaPiuImportante) e si sforza con chiunque di veicolare il suo messaggio di positività. Capitan Simone Giannelli è l’immagine di bravo ragazzo che rimbalza dalla sua casa di Trento dove rispetta scrupolosamente la consegna di stare a casa e cerca di rimanere in forma per tornare il prima in campo con la maglia dell’Itas Trentino. Segue i videoallenamenti con il preparatore («è anche l’unico modo per far qualcosa insieme agli altri ragazzi»). Intanto studia per portare avanti la laurea in Scienze dell’Alimentazione.
Come si sta dopo un mese di stop? Primi segni di insofferenza?
«Penso sempre a chi è in difficoltà, chi è ricoverato in ospedale e sta male - racconta il 23enne palleggiatore della Nazionale -. Io sto bene e va bene cosi. La situazione è nuova per tutti, penso che l’ultima epidemia di questo genere sia stata la spagnola (diffusa agli inizi del 900, ndr) quindi nessuno di noi ne ha memoria. Tutti quanti cerchiamo di dare il nostro contributo anche annoiandoci a casa e fidandoci di quello che ci viene detto».
Cosa ha scoperto di lei in questa sosta forzata?
«Ho capito al 100% che non sono fatto per star fermo - ride Simone -. Per fortuna con la tecnologia si possono fare tante cose, ma le cose semplici di tutti i giorni come passeggiare, girare, adempiere piccole commissioni quotidiane è diventato un lusso. Questo ci sta insegnando questa pandemia, che niente è scontato. Anche prendere un caffè in centro non è più la normalità».
In isolamento forzato si pensa al volley che manca oppure ci si sforza di pensare ad altro?
«È inutile pensarci ora, mi concentro su quello che posso fare in questo momento come restare allenato, stare attento all’alimentazione e curare il fisico per non lasciarmi andare e poi lo studio. Mi sfogo concentrandomi sullo studio... più o meno».
Per passare il tempo c’è anche la cucina, qual è il piatto che le riesce meglio?
«Ne sto provando tanti, pizza fatta in casa, chiamo nonna e le chiedo le ricette. Sai quei piatti che hai sempre mangiato a casa senza chiederti come veniva fatto? Ecco li sto sperimentando tutti».
Gli impegni per voi sono tanti: allenamenti in video ma anche interviste in chat, contatti con i tifosi, sponsor?
«Per forza, ora è l’unica cosa che possiamo fare e per fortuna c’è la tecnologia che lo permette. Ammetto che ho sempre disprezzato un po’ la tecnologia e i social pur usandola molto come tutti. Ora invece sto cercando di vedere il lato positivo. Se penso che anni fa non ci sarebbero stati tutti questi mezzi per stare in contatto penso che siamo fortunati. Posso vedere i miei genitori in videochiamata e sto cercando di insegnarlo a distanza anche a nonna Vanda per vederla. Meno male che in casa sono con la mia fidanzata Selly, almeno ci facciamo compagnia.».
Oggi ci sarà l’incontro fra Leghe per decidere cosa fare del campionato. È possibile ricominciare? Magari giocare d’estate?
«La cosa primaria è la salute. Prima bisogna vedere le istituzioni cosa dicono e cosa ci permettono di fare. Se stabiliranno che si potrà finire. Se verrà detto che si può giocare io spero che in qualche modo si riesca a finire il campionato. Anche perché vorrebbe dire che la situazione è migliorata molto. E’ complicato ma le soluzioni si possono trovare».
Olimpiade rimandata di un anno: quanto cambierà negli equilibri fra le squadre?
«Difficile dirlo, non avendo visto come le squadre si sarebbero presentate. Rimarrà difficilissimo. La scelta di rimandare è stata giusta ora la priorità è un’altra».
Questa situazione ha sparigliato tutti i normali canoni di vita. Come ti immagini sarà dopo la ripresa, nella vita normale e nello sport?
«Sarà tutto diverso. Quando ci sarà una ripresa dovrà essere graduale e dentro di noi saremo cambiati. Spero che ne trarremo degli insegnamenti come non dare per scontato niente. Anche lo sport sarà diverso. Come non so. Lo vedremo quando ne usciremo. È come una guerra contro un nemico invisibile: non rischi una pallottola o una coltellata ma se non rispetti le regole ti punisce. Ora possiamo solo aspettare».