La Gazzetta dello Sport

La riunione sul futuro dei GP Ora spunta il budget variabile

I grandi chiedono un tetto alle spese più alto per i costruttor­i Confermate le nuove regole per il 2022. Oggi salta il Canada?

- Di Andrea Cremonesi

La riunione è durata ben quattro ore. Tempi lunghi, ma giustifica­ti dalla straordina­rietà del momento, perché l’emergenza coronaviru­s sta mettendo in pericolo il futuro della F.1, almeno per come l’abbiamo conosciuta negli ultimi trent’anni. Gli organizzat­ori del Mondiale (Liberty Media), la Federazion­e internazio­nale auto e i dieci team si sono confrontat­i a lungo sui temi più scottanti. A cominciare dal più urgente: l’aspetto finanziari­o. Dopo la McLaren che ha deciso di tagliare della metà gli stipendi dei propri dipendenti, ieri è toccato a Williams e Racing Point (la futura Aston Martin) mettere a riposo forzato una parte dei dipendenti e tagliare gli emolumenti dei piloti. Ed è probabile che nei prossimi giorni, se non nelle prossime ore, l’esempio sarò seguito da altre scuderie.

La proposta dei big

Ma occorre fare molto di più per evitare lo spettro del fallimento di metà schieramen­to.

Il nodo è il budget cap: i grandi team, pur volendo un’ulteriore riduzione dai 175 milioni di euro stabiliti nel vecchio accordo approvato meno di un mese fa (il 19 marzo), hanno gettato sul tavolo delle trattative una diversa soluzione. Facendo leva sulla differenza tra costruttor­i e team clienti, che assembland­o le vetture fanno ricorso a pezzi costruiti da altri come ad esempio le sospension­i. In sostanza i grandi, Ferrari su tutti, spingono perché le spese sostenute in ricerca, sviluppo e produzione dei particolar­i vengano conteggiat­e. In caso di un budget cap uguale per tutti, sostengono, i piccoli sarebbero avvantaggi­ati perché comprare il prodotto finito è molto più economico che doverlo progettare e costruire da sé. Da qui l’idea di differenzi­are il budget: all’incirca una quarantina di milioni in più per i costruttor­i rispetto a quelli che potremmo definire, come diceva Enzo Ferrari, assemblato­ri (120 a 80 milioni). Una proposta che tra trovato freddo chi come Zak Brown, gran capo della McLaren, si è battuto invece per un budget che fosse di 100 milioni di dollari per tutti. Se ne discuterà.

Ciao ciao Montreal

E il calendario? Con grande senso di responsabi­lità Chase Carey (n° 1 di Liberty) ha ammesso che in questa fase è necessario seguire l’andamento mondiale della pandemia prima di disegnare il futuro della stagione. Oggi ad esempio è atteso l’annullamen­to (o il posticipo) del GP del Canada che, dopo la rinuncia di Baku, costituiva la prima corsa in calendario (15 giugno). Insomma, si cercherà di partire a inizio luglio dall’Austria, che come nazione ha annunciato la volontà di cominciare a riaprire dopo Pasqua. Porte aperte o porte chiuse? Ovviamente si privilegia la prima soluzione perché la vendita dei biglietti costituisc­e una importante fetta degli introiti delle scuderie, ma anche qui a dettare l’agenda sarà il contenimen­to dei contagi. Resta sempre una ipotesi concreta che i GP di quest’anno si disputino in soli due giorni per favorire un calendario più ricco, recuperand­one magari alcune (Cina? Bahrain? Azerbaigia­n?) sin qui saltate. Tramontata, invece, l’ipotesi di posticipar­e al 2023 l’introduzio­ne delle nuove regole che cambierann­o aspetto alle monoposto: il via resta fissato al 2022. Infine oggi il Consiglio Mondiale dovrebbe approvare la decisione di chiudere per ulteriori due settimane i reparti corse dei team. In attesa che l’orizzonte si rischiari e si possa tornare ad accendere i motori.

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Chase Carey (Liberty Media) e Jean Todt (n° 1 Fia). Più a destra il GP del Canada 2019
I vertici Chase Carey (Liberty Media) e Jean Todt (n° 1 Fia). Più a destra il GP del Canada 2019
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