La Gazzetta dello Sport

Bettini «Rispettate il Giro L’Uci pensa solo al Tour»

- di Gialanella (Foto: Paolo Bettini, 46, campione del mondo e olimpico)

BETTINI LE CANTA ALL’UCI «UN CALENDARIO ASSURDO IL GIRO MERITA RISPETTO»

Il toscano oro ai Giochi 2004 e due volte campione del mondo: «Lappartien­t si è inchinato al Tour, ha dimostrato che non ha interesse a valorizzar­e il ciclismo. E così gli sponsor scappano»

Nuovo look. «Barba da quarantena e gambe fini», ridacchia Paolo Bettini da Riparbella, luogo incantevol­e nel Livornese nell’entroterra di Cecina, dopo una giornata in campagna tra i suoi mille ulivi. «Sono dimagrito, e tanto, in quarantena. Sono sceso sotto i 70 chili, non succedeva da tempo. Da c.t. ero arrivato a 76 chili, adesso sono a 69,5». Scusi, Bettini, ma quando vinceva l’oro olimpico di Atene 2004 o le sue classiche? Beh, all’Olimpiade ero 57,5, i due Mondiali li ho vinti a 58,5». E’ sempre un piacere parlare con Paolo Bettini, l’uomo delle dodici grandi classiche: non ha vinto soltanto Fiandre (e poteva riuscirci) e Roubaix, decisament­e indigesta. «Sono stato da metà marzo con mia figlia Veronica, e lei mi ha dato le regole giuste. Sono stato regolare nel mangiare. Sa, qualche aperitivo in meno, una bottiglia in meno, le serate con gli amici in meno. E poi ho lavorato tantissimo a casa, mi sono rifatto il giardino, ho tagliato il prato, sistemato le siepi». Maggio, il mese del Giro, che aveva spazio anche per i cacciatori di classiche come Bettini. La prima immagine l’abbiamo vista dal vivo: 1997, Paolo neoprofess­ionista con la Mg, in fuga nella tappa di casa a Lido di Camaiore, potrebbe vincerla, ma rompe la catena. Lo ricordiamo come se fosse oggi in lacrime tra le braccia dei genitori. E poi, già famoso, nel 2005, Tropea, prima tappa in linea: prima vittoria al Giro e maglia rosa, e quella scommessa, vinta anche questa, da Alessandro Tegner, l’amico di sempre, ufficio stampa della Quick Step, che aveva già fatto preparare l’ammiraglia rosa, tanto era sicuro del successo.

3Bettini, che cos’era il Giro d’Italia per lei?

«Prima ancora che corressi, i genitori mi portavano a vedere le tappe e questa grande festa popolare che è il Giro, la più grande che ha l’Italia. Lo spirito di festa così ce l’ha soltanto il

Giro. E facendo il corridore, da ragazzino, pensi “chissà se un giorno lo farò”. Il Giro ti appare come un sogno. In quel 2005 portai la maglia rosa in due occasioni, e la seconda volta feci tutta la tappa da Marina di Grosseto a Pistoia in rosa, nella mia terra».

3Ha visto il nuovo calendario mondiale?

«Sì, ed è assurdo, assurdo. Questa pandemia ha esaltato in maniera plateale gli interessi dell’Uci e gli inchini che l’Uci fa nei confronti di Aso e del Tour. Il concetto è: sistemo il Tour, e il resto del mondo si adegua. E questo succede anche perché i proprietar­i del Tour sono gli stessi della Vuelta, e che la Vuelta sia tre giorni in meno, e che non recuperi le tre tappe previste in Olanda per liberare spazio nel calendario, è secondario. E’ tutta una logica sbagliata: esiste solo il Tour e tutto si deve adeguare».

3 Il Tour assicura la metà della visibilità mondiale agli sponsor delle squadre...

«Non lo nego, ma parto proprio da qui. I grandi sponsor che investono 15-20 milioni di euro lo fanno perché esiste il Tour, giusto, ma in questa stagione straordina­ria si doveva far capire agli sponsor che non esiste solo il Tour. Ci sono Giro e Vuelta, Fiandre e Sanremo, Roubaix e Strade Bianche. Il principio doveva essere “si investe nel ciclismo, non in una

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