Quella Nazionale tutta colorata di granata...
L’anniversario / L’11 maggio 1947 il c.t. Pozzo schierava dieci giocatori del Grande Torino contro l’Ungheria: un record imbattuto
Tutta una squadra, la più forte squadra italiana di sempre, vestita d’azzurro. Era l’11 maggio 1947, esattamente settantatré anni fa. Il Grande Torino si trasformò in Grande Italia: dieci giocatori su undici, mancava soltanto il portiere. Il commissario tecnico Vittorio Pozzo scelse, infatti, Sentimenti IV e non il granata Valerio Bacigalupo. A dir la verità i giocatori del Torino dovevano essere 9 cui si dovevano aggiungere Sentimenti IV, appunto, e Carletto Parola il quale, però, convocato per la sfida tra Inghilterra e Resto d’Europa a Glasgow in programma sabato 10 maggio, non potè rientrare in tempo.
Il suo posto venne preso dal debuttante Mario Rigamonti.
Nessuno come loro
La sostanza della storia, comunque, non cambia: un fatto simile non si era mai verificato prima e non accadrà nemmeno dopo. Nessuno sapeva giocare come i granata, nessuno riusciva a incantare il pubblico come facevano loro, un palleggio di Mazzola, una finta di Menti, una bordata di Gabetto, un lancio di Grezar... Quel gruppo, che vinse lo scudetto nel 1947 con 10 punti di vantaggio sulla Juve seconda e segnando 104 reti, diede speranza a un intero Paese, l’Italia, che a fatica cercava di mettersi alle spalle i dolori della guerra. Il popolo aveva bisogno di eroi cui aggrapparsi per la risalita, e Valentino e i suoi compagni erano perfetti per il ruolo.
Lo scatto di Pozzo
Allo stadio Comunale di Torino, quella domenica, l’amichevole era contro l’Ungheria che schierava il giovane talento Puskas di cui si dicevano già meraviglie. Pozzo mandò in campo la seguente formazione: Sentimenti IV; Ballarin, Maroso; Grezar, Rigamonti, Castigliano; Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ferraris II. La sfida non ebbe alti contenuti spettacolari. Molti critici si lamentarono e diedero la responsabilità di questa mancanza di bellezza al fatto che entrambe le squadre adottavano il «sistema», o WM, e non il metodo. Con il sistema la manovra era più tambureggiante, più fisica, però non c’erano quei lampi di poesia che un ritmo più blando consentivano. L’Ungheria, poi, scelse di affidarsi spesso alla «tattica del fuorigioco», e ciò penalizzò non poco lo spettacolo. Gabetto,
su assist di Mazzola, portò in vantaggio gli azzurri al 25’. Nella ripresa il pareggio di Zsengeller, ancora il vantaggio azzurro con Gabetto, il 2-2 di Puskas su rigore (fallo di mano di Ballarin) e, a un minuto dalla fine, il gol decisivo di Loik. Quando vide la rete gonfiarsi dopo il tiro della mezzala, Vittorio Pozzo, seduto dietro la porta ungherese, lui sempre pacato, riservato e non certo abituato a clamorose esultanze, saltò in piedi con uno scatto improvviso e alzò le braccia al cielo. Il successo del suo Toro-Nazionale meritava una simile celebrazione. TEMPO DI LETTURA 2’45’’