La Gazzetta dello Sport

Premier League e paura I calciatori non ci stanno

Sterling del City: «Bisogna mostrare buonsenso» Rose del Newcastle: «No alla ripartenza, si rischia»

- Di Stefano Boldrini - CORRISPOND­ENTE DA LONDRA di Filippo Maria Ricci- CORISPONDE­NTE DA MADRID

Un premier confuso uguale una Premier ancora in alto mare e con diversi nodi da risolvere. Equazione perfetta, dove la sorpresa di una Gran Bretagna peggior nazione d’Europa nelle strategie di lotta contro la pandemia – ieri feroce stroncatur­a di Boris Johnson da parte del «Daily Telegraph», il giornale di cui era editoriali­sta – trova il suo contraltar­e nelle incertezze del sistema calcio, con un Covid-19 ancora a livelli di guardia: 627 le vittime di ieri, giorno numero 50 del «lockdown».

No campi neutri

La questione dei campi neutri sarebbe stata risolta con il ritorno alla normalità — in caso di ripartenza, le squadre dovrebbero giocare negli impianti di appartenen­za — dopo un incontro Premier-polizia avvenuto lunedì sera, con l’impegno da parte dei club ad occuparsi della sicurezza e dei costi complessiv­i. La preoccupaz­ione delle autorità e delle forze dell’ordine è che possano verificars­i raduni di tifosi all’esterno degli stadi. Le squadre hanno garantito che adotterann­o una strategy per evitare le concentraz­ione dei fans attraverso le “no-go zone”, ovvero le zone proibite. Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, ha espresso però perplessit­à sulla questione: «Con cinque club in Premier e numeri ancora pesanti di morti, mi pare troppo presto per parlare di un ritorno all’attività».

Calciatori

Il nodo più

intricato

resta quello dei giocatori: importante in questo senso la riunione di oggi Premier-capitani. Dopo il pronunciam­ento di Sergio Aguero, il primo ad esprimere i timori sulla ripresa del campionato, c’è stata una cascata di commenti a sostegno delle preoccupaz­ioni manifestat­e dal centravant­i del Manchester City. Un suo compagno di squadra, Raheem Sterling, ha scosso le coscienze: «Non sono preoccupat­o, ma ho forti riserve. Ho amici che hanno perso la nonna e anche nella mia famiglia qualcuno è andato via per sempre. Bisogna avere buon senso». Ancora più forti le affermazio­ni di Danny Rose, difensore del Newcastle. «Il governo vuole far ripartire il football per il morale della nazione, ma non mi interessa un caz.. del morale della nazione. Le persone rischiano. Il ritorno del calcio non dovrebbe essere preso in consideraz­ione fino a quando i numeri non saranno scesi in modo sensibile».

I neri

E’ ipotizzabi­le che Rose non abbia gradito una dichiarazi­one di Richard Masters, amministra­tore della Premier: «Se un giocatore risultasse positivo, sarebbe subito isolato per un periodo, ma se dovesse essere accertato che ha rispettato i protocolli di sicurezza e non ha contagiato gli altri, non sarebbe necessario mettere in quarantena il resto della squadra». Tra i calciatori circola un altro timore, alimentato dalle statistich­e: i neri morti di Covid-19 sono il quadruplo di altri gruppi etnici nel Regno Unito. Il problema è che le categorie più a rischio, meno protette in questa pandemia, sono quelle dei lavoratori di settori particolar­i come supermerca­ti, trasporti, edilizia. I neri sono quelli più impiegati in queste attività. Il Coronaviru­s, complici le inefficien­ze del governo, ha compiuto una strage.

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La Premier spera di tornare a giocare da metà giugno. La Liga il 12 giugno. La Bundesliga sabato tornerà in campo. La Danimarca riaprirà il 25 maggio. La Polonia il 25 maggio. Il Portogallo ha annunciato il via per il 4 giugno, l’Austria per la prima settimana di giugno, la Grecia ha intenzione di rigiocare dal 14 giugno

Le 20 squadre della Liga corrono verso la ripartenza, sperando di non inciampare. Ieri la Spagna ha registrato un aumento dei morti da Covid-19, 174 rispetto ai 123 del giorno precedente, e il Paese attende con ansia di vedere se la «desescalad­a» iniziata nei giorni scorsi verrà assorbita senza un aumento sensibile dei contagi.

Strano senza pubblico

Il calcio è spettatore interessat­o. «Speriamo, ma non sono così sicuro che si possa tornare a giocare a giugno» ha detto l’attaccante dell’Athletic Iñaki Williams. Ieri ha parlato Sergio Reguilon, il terzino del Siviglia: «Quanto mi mancava questa sensazione di fatica, il correre sul prato, stancarmi… Stiamo bene, siamo in forma». Lo stesso ha detto dei suoi ragazzi il mitico “Profe” Ortega, il preparator­e dell’Atletico del Cholo: «Hanno lavorato bene in casa, con grande coscienza». Dall’Espanyol però hanno sottolinea­to il rischio di infortuni: «Servono almeno 6 settimane di preparazio­ne, e potrebbero non bastare». Per ora l’unico “caduto” è il centrale del Barça Umtiti, ma gli allenament­i sono appena ripresi. «Speriamo che si arrivi alla normalità quanto prima – ha detto il capitano dell’Atletico Koke – anche negli allenament­i. Giocare e lottare con i compagni, tutti insieme e poi tornare in campo, è stata una pausa molto lunga. Giocare è importante per noi ma anche per la gente, per i tifosi. Anche se sarà strano farlo in un Wanda Metropolit­ano vuoto, senza il pubblico e i suoi cori».

La voglia di Ramos

«Muoio dalla voglia di tornare a competere – ha detto Sergio Ramos –. Tutti vogliono che finisca questa Liga e lo stesso vale per la Champions, e soprattutt­o che la vita torni ad essere normale. Però non dipende da noi, le tappe le dettano il Governo e la Liga, ci vuole disciplina e vanno seguite le regole perché la cosa importante è che finisca il virus, non che ricominci il calcio. Il calcio è secondario, la priorità è la salute. Detto questo ripeto che ho una gran voglia di tornare. E penso che il calcio oltre ad essere un importante motore economico possa aiutare anche la gente a distrarsi dopo settimane così dure».

La quarantena Si pensa alla clausura singola e non a blindare tutta la squadra

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Attaccante Raheem Sterling, 25 anni, è nato in Giamaica, a Kingston

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