Premier League e paura I calciatori non ci stanno
Sterling del City: «Bisogna mostrare buonsenso» Rose del Newcastle: «No alla ripartenza, si rischia»
Un premier confuso uguale una Premier ancora in alto mare e con diversi nodi da risolvere. Equazione perfetta, dove la sorpresa di una Gran Bretagna peggior nazione d’Europa nelle strategie di lotta contro la pandemia – ieri feroce stroncatura di Boris Johnson da parte del «Daily Telegraph», il giornale di cui era editorialista – trova il suo contraltare nelle incertezze del sistema calcio, con un Covid-19 ancora a livelli di guardia: 627 le vittime di ieri, giorno numero 50 del «lockdown».
No campi neutri
La questione dei campi neutri sarebbe stata risolta con il ritorno alla normalità — in caso di ripartenza, le squadre dovrebbero giocare negli impianti di appartenenza — dopo un incontro Premier-polizia avvenuto lunedì sera, con l’impegno da parte dei club ad occuparsi della sicurezza e dei costi complessivi. La preoccupazione delle autorità e delle forze dell’ordine è che possano verificarsi raduni di tifosi all’esterno degli stadi. Le squadre hanno garantito che adotteranno una strategy per evitare le concentrazione dei fans attraverso le “no-go zone”, ovvero le zone proibite. Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, ha espresso però perplessità sulla questione: «Con cinque club in Premier e numeri ancora pesanti di morti, mi pare troppo presto per parlare di un ritorno all’attività».
Calciatori
Il nodo più
intricato
resta quello dei giocatori: importante in questo senso la riunione di oggi Premier-capitani. Dopo il pronunciamento di Sergio Aguero, il primo ad esprimere i timori sulla ripresa del campionato, c’è stata una cascata di commenti a sostegno delle preoccupazioni manifestate dal centravanti del Manchester City. Un suo compagno di squadra, Raheem Sterling, ha scosso le coscienze: «Non sono preoccupato, ma ho forti riserve. Ho amici che hanno perso la nonna e anche nella mia famiglia qualcuno è andato via per sempre. Bisogna avere buon senso». Ancora più forti le affermazioni di Danny Rose, difensore del Newcastle. «Il governo vuole far ripartire il football per il morale della nazione, ma non mi interessa un caz.. del morale della nazione. Le persone rischiano. Il ritorno del calcio non dovrebbe essere preso in considerazione fino a quando i numeri non saranno scesi in modo sensibile».
I neri
E’ ipotizzabile che Rose non abbia gradito una dichiarazione di Richard Masters, amministratore della Premier: «Se un giocatore risultasse positivo, sarebbe subito isolato per un periodo, ma se dovesse essere accertato che ha rispettato i protocolli di sicurezza e non ha contagiato gli altri, non sarebbe necessario mettere in quarantena il resto della squadra». Tra i calciatori circola un altro timore, alimentato dalle statistiche: i neri morti di Covid-19 sono il quadruplo di altri gruppi etnici nel Regno Unito. Il problema è che le categorie più a rischio, meno protette in questa pandemia, sono quelle dei lavoratori di settori particolari come supermercati, trasporti, edilizia. I neri sono quelli più impiegati in queste attività. Il Coronavirus, complici le inefficienze del governo, ha compiuto una strage.
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La Premier spera di tornare a giocare da metà giugno. La Liga il 12 giugno. La Bundesliga sabato tornerà in campo. La Danimarca riaprirà il 25 maggio. La Polonia il 25 maggio. Il Portogallo ha annunciato il via per il 4 giugno, l’Austria per la prima settimana di giugno, la Grecia ha intenzione di rigiocare dal 14 giugno
Le 20 squadre della Liga corrono verso la ripartenza, sperando di non inciampare. Ieri la Spagna ha registrato un aumento dei morti da Covid-19, 174 rispetto ai 123 del giorno precedente, e il Paese attende con ansia di vedere se la «desescalada» iniziata nei giorni scorsi verrà assorbita senza un aumento sensibile dei contagi.
Strano senza pubblico
Il calcio è spettatore interessato. «Speriamo, ma non sono così sicuro che si possa tornare a giocare a giugno» ha detto l’attaccante dell’Athletic Iñaki Williams. Ieri ha parlato Sergio Reguilon, il terzino del Siviglia: «Quanto mi mancava questa sensazione di fatica, il correre sul prato, stancarmi… Stiamo bene, siamo in forma». Lo stesso ha detto dei suoi ragazzi il mitico “Profe” Ortega, il preparatore dell’Atletico del Cholo: «Hanno lavorato bene in casa, con grande coscienza». Dall’Espanyol però hanno sottolineato il rischio di infortuni: «Servono almeno 6 settimane di preparazione, e potrebbero non bastare». Per ora l’unico “caduto” è il centrale del Barça Umtiti, ma gli allenamenti sono appena ripresi. «Speriamo che si arrivi alla normalità quanto prima – ha detto il capitano dell’Atletico Koke – anche negli allenamenti. Giocare e lottare con i compagni, tutti insieme e poi tornare in campo, è stata una pausa molto lunga. Giocare è importante per noi ma anche per la gente, per i tifosi. Anche se sarà strano farlo in un Wanda Metropolitano vuoto, senza il pubblico e i suoi cori».
La voglia di Ramos
«Muoio dalla voglia di tornare a competere – ha detto Sergio Ramos –. Tutti vogliono che finisca questa Liga e lo stesso vale per la Champions, e soprattutto che la vita torni ad essere normale. Però non dipende da noi, le tappe le dettano il Governo e la Liga, ci vuole disciplina e vanno seguite le regole perché la cosa importante è che finisca il virus, non che ricominci il calcio. Il calcio è secondario, la priorità è la salute. Detto questo ripeto che ho una gran voglia di tornare. E penso che il calcio oltre ad essere un importante motore economico possa aiutare anche la gente a distrarsi dopo settimane così dure».
La quarantena Si pensa alla clausura singola e non a blindare tutta la squadra
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