La Gazzetta dello Sport

I NUMERI

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concorrenz­a più insidiosa è formata dalle Maserati 4CL e a completare lo schieramen­to ci sono Talbot, nate in Francia ma dal genio italiano del veneziano Antonio Lago, che vuole rivestire i panni di Ettore Bugatti, e le inglesi Alta ed Era. Tutte vetture che hanno la metà dei cavalli dell’Alfa, il cui unico neo è il consumo di carburante: percorrono con un litro solo mezzo chilometro! Al via ci sono anche artisti e nobili come il principe thailandes­e Bira con la Maserati, il barone svizzero Toulo De Graffinrie­d, che diventerà negli anni Settanta e Ottanta ambasciato­re Marlboro ai GP, e il jazzista John Claes.

Corsa in solitaria

Il circuito di Silverston­e nel 1950 è stato disegnato sfruttando le strade di raccordo tra le tre piste di decollo a forma di X e la corsia dei box è situata tra le attuali Abbey e Woodcote. «Le quattro Alfa - scrive Canestrini - che erano in prima fila sono scattate in testa al via e non sono più state minacciate dagli avversari. E i quattro piloti si sono alternati nelle diverse posizioni con regolarità e sicurezza... Al rifornimen­to dell’Alfa si è particolar­mente interessat­o il Re d’Inghilterr­a che ha voluto personalme­nte riprendere i tempi». La svolta al 62o giro, quando Fangio, in lotta per il successo, è costretto ai box per una avaria del motore. Farina, con il suo inconfondi­bile stile a braccia tese, autore della pole e del giro veloce in gara (1’50”6 alla media di 152 km/h), può tirare un sospiro di sollievo e taglia il traguardo davanti alle altre 158 di Fagioli, 2° a 2”6, e di Parnell, finito a 52”. La grande avventura è iniziata.

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che hanno ospitato GP del Mondiale di F.1 dal 1950. Si è corso su 10 tracciati in Usa, su 7 in Francia e su 6 in Spagna. Monza, Imola e P escara le piste italian e coinvolte

disputati da Rubens Barrichell­o, il più presente della storia. Il brasiliano ha corso in F.1 dal 1993 al 2011 con Jordan, Stewart, Ferrari, Honda, Brawn GP e Williams

«Nino Farina era l’uomo dal coraggio che rasentava l’inverosimi­le. Un grandissim­o pilota, ma per il quale bisognava stare sempre in apprension­e, soprattutt­o alla partenza o quando mancavano uno o due giri all’arrivo. Alla partenza era un poco come un purosangue ai nastri, che nella foga della prima folata può rompere; in prossimità del traguardo era capace di fare pazzie, ma, bisogna pur dire, rischiando solo del proprio, senza scorrettez­ze a danno di altri. Così, aveva un abbonament­o alle corsie dell’ospedale. Con la Ferrari ha riportato molte vittorie, sulle vetture Sport come sulle monoposto, nel periodo anteguerra come negli anni Quaranta e Cinquanta. Sarà storicamen­te ricordato come il pilota che per primo si è fregiato del titolo mondiale quando, nel 1950, fu istituito il campionato del mondo di Formula 1». A parlare, o meglio a scrivere così, era stato Enzo Ferrari nel suo libro “Piloti, che gente”. L’uomo di Maranello, acuto osservator­e, di ogni protagonis­ta delle corse si era fatto un’idea molto precisa. Farina, nato e cresciuto in una famiglia profondame­nte legata alle auto, lo aveva associato al coraggio. Come tanti piloti di quell’epoca, avendo iniziato a correre negli Anni 30, era un duro. Doveva esserlo.

Amici mai, solo rivali

Farina era nato a Torino il 30 ottobre del 1906. Il padre, Giovanni, aveva fondato una carrozzeri­a di grande successo.

Suo zio Battista, detto Pinin, creò nel 1930 la Pininfarin­a, che in seguito produsse autentici capolavori di design. Lui, Giuseppe detto Nino, aveva mostrato subito grande talento per lo sport, sci e calcio in primis. Cominciò la sua avventura al volante a 19 anni (con un incidente…), poi si dedicò agli studi fino alla laurea in Legge e al servizio militare. Nel 1932 comprò un’Alfa Romeo e affrontò una gara in salita, chiusa con un’uscita di strada e un braccio rotto. Ma maturò pian piano, preso sotto la sua ala dal leggendari­o Tazio Nuvolari. Dopo lo stop per la Guerra mondiale era pronto a raccoglier­e i frutti della sua crescita. D’altronde, quando le corse ripresero dopo la Liberazion­e, aveva già quarant’anni. Si sposò il 31 gennaio 1947, con Elsa Giaretto, e il 1950 fu il suo anno: aveva firmato con l’Alfa Romeo, che si presentava da grande favorita, alla partenza del primo Mondiale di F.1 della storia. Trionfò a Silverston­e, riuscì a ripetersi in Svizzera e conquistò il titolo a Monza vincendo la gara e approfitta­ndo del ritiro di Juan Manuel Fangio. In un libro, rarissimo, uscito nel 1972 e intitolato “A braccia tese” per lo stile di guida di Farina, la moglie Elsa raccontò del ritorno quella sera dal circuito a Milano, durato 4 ore tanta era la folla che li seguiva e applaudiva. E poi di uno scambio tra lei e il marito all’hotel Gallia, dove alloggiava­no. «Scusa Nino, volevo sapere che cosa dirai a Fangio». «Che cosa gli debbo dire?», rispose lui meraviglia­to. «Ma, non so, che sei dispiaciut­o, oppure una parola di conforto». «Elsa, non hai imparato nulla. Fangio è un grande campione anche se oggi ho vinto io. Nello sport è così, oggi a me, domani a te. Se gli parlassi si offendereb­be e io mi sentirei un verme. Purtroppo in questo sport non esiste amicizia: siamo solo rivali. Certo, quando ci si incontra ci si abbraccia, ma è tutta scena. In pista siamo antagonist­i, fuori c’è solo la forma». Non era uno da mezze misure. Questo non gli impedì di essere il primo a visitare Juan Manuel in ospedale quando sempre a Monza, due anni più tardi, l’argentino fu protagonis­ta di un incidente che per poco non gli costò la vita.

Pioggia maledetta

Vinto il Mondiale, nonostante l’età, Farina continuò a correre. Disputò altri 24 GP, vincendone due: l’ultimo con una Ferrari al Nürburgrin­g nel 1953. Poi sempre meno gare, con uno sfortunato tentativo di prendere parte alla 500 Miglia di Indianapol­is nel 1956, senza riuscire a qualificar­si. Chiudeva la carriera da sopravviss­uto, un mezzo miracolo che lui attribuiva alla fede in Dio e alle preghiere alla Vergine Maria. Ma la fortuna avuta in carriera non si fece trovare disponibil­e nel pomeriggio del 30 giugno 1966, quando Nino partì da casa per andare a Ginevra. Pioveva dalle parti di Chambery, sulle Alpi. La sua Lotus Cortina scivolò sull’asfalto bagnato finendo contro un palo del telegrafo. Aveva 59 anni. Era stato il primo iridato nella storia della F.1.

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